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Cara Viterbese, buon Pro ti faccia

L'allenatore Massimiliano Farris

L’allenatore Massimiliano Farris

Se la Viterbese è tutta qui, si merita davvero la serie C? A parte la rima baciata e la licenza poetica di utilizzare ancora il vecchio nome dell’ultimo campionato professionistico italiano (da qualche anno si chiama Lega Pro, divisa in Prima e Seconda divisione, C1 e C2 di un tempo), a parte questo si diceva, la domanda è lecita. E di grande attualità, visto che mai come oggi la Gialloblu è apparsa in grado di poter lottare per la promozione (ultimo dato positivo: il pareggio con la capolista Castel Rigone). Già, quel ritorno tra i professionisti inseguito vanamente – e a volte persino senza senso del ridicolo – nelle ultime cinque stagioni, se non vicino stavolta appare almeno possibile. Perché la classifica è corta, non c’è una squadra ammazza campionato, e le rivali nella corsa appaiono sì oneste, ma anche modeste. In più, la Viterbese sembra aver trovato finalmente l’hombre giusto in panchina, cioé quel Massimiliano Farris che oltre a cercare sempre il risultato si cura anche della qualità del gioco: merce rara, rispetto agli ultimi broccoli capitati ad allenare da queste parti. La rosa della prima squadra, infine, non sarà sontuosa come quella del Psg, ma non è neanche scadente. Insomma, il sogno promozione è più lecito dal punto di vista tecnico. I dubbi, semmai, stanno altrove, in altri aspetti comunque fondamentali della complessa macchina che va a comporre una società di calcio.

Eccola, la provocazione di cui sopra. Questa dirigenza è in grado di reggere l’urto con un torneo professionistico? Con le regole, gli oneri (non solo economici, sia chiaro), il palcoscenico di una Seconda divisione? La risposta secca è: più no che sì. E lo spieghiamo.

I vertici ufficiali di via della Palazzina (tralasciando quelli occulti, che semmai esistono restano appunto nascosti) sono occupati da personaggi tanto buoni e cari, per carità, ma dalle doti manageriali tutte da dimostrare in un ambito nazionale come è quello della Seconda divisione. Un conto è provare a vincere una serie D – e magari riuscirci anche con un pizzico di fortuna -, un altro è avere le spalle solide per proseguire il progetto al piano di sopra. Dove gli errori non sono consentiti, e anche l’approssimazione viene pagata salata. Esempio: già all’atto dell’iscrizione serve tutta una serie di requisiti burocratici (carte, fideiussioni, autorizzazioni) da far impallidire Pico della Mirandola. Figuriamoci certa gente che, con tutto il rispetto, si è affacciata al mondo del pallone da qualche mese a questa parte. Se non si rispettano questi primi parametri può arrivare subito una bella penalizzazione di benvenuto: il presidente della Lega Pro, l’immortale Macalli, col tempo è diventato se possibile più severo di quanto non fosse nove anni fa, quando sbatté fuori dal campionato la vecchia Us Viterbese senza troppi complimenti. Ancora: nel corso della stagione ci sono una serie di controlli periodici sui conti delle società, e sul corretto pagamento degli stipendi. Se si sgarra, arrivano altre penalizzazioni: basta leggere le classifiche per rendersi conto di quanto siano fiscali i regolamenti del palazzo fiorentino. In riva all’Arno hanno sposato la tolleranza zero: senza lilleri non si lallera, almeno in Lega Pro.

Il presidente Carlo Graziani

Il presidente Carlo Graziani

E allora, visto che la Viterbese, pur cambiando presidenti su presidenti, ha sempre amato vivere pericolosamente (eufemismo), è consentito prevedere che possa avere qualche problema (altro eufemismo) anche in un ipotetico campionato pro. Le pezze d’appoggio, i trucchetti o i sotterfugi, in Lega Pro non servirebbero a nulla, o quantomeno avrebbero le gambe corte, come le bugìe di Pinocchio. Non ci si può illudere di poter farla franca come la si è fatta negli ultimi anni, cioé grazie ad uno sponsor last minute, alle mancette degli imprenditori interessati, alle promesse degli amici degli amici. Se si farà il Grande Salto – e tutti ce lo auguriamo,ci mancherebbe: qui non si gufa – bisognerà poi essere in grado di mantenerlo. Perché c’è gente che non vede l’ora di raccontare eventuali figuracce future della Viterbese, anche solo per il gusto di poter esclamare: “Visto, a Viterbo non si meritano il calcio professionistico. Io l’avevo detto”.

La goduria sarebbe poter smentire questi menagramo facendo le cose per bene, anzi in maniera impeccabile. Ma ci riusciranno i nostri eroi? Per il momento forse è meglio limitarsi a tifare per chi, sul campo, ci sta provando davvero. Il resto si vedrà. Forse.

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