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Villa Rosa, buco milionario e onorificienze

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Villa Rosa

Il IV Reggimento Scorpione, il regista Giorgio Capitani, Arnoldo Foà, il vescovo Lorenzo Chiarinelli sono solo alcuni degli ultimi soggetti a cui il Comune di Viterbo ha conferito la cittadinanza onoraria. Dopo l’ultimo consiglio comunale di giovedì la lista potrebbe allungarsi a suor Piera Blasi, per quasi trent’anni responsabile della gestione di Villa Rosa e da un paio di mesi allontanata da Viterbo per volere del suo ordine, la Congregazione delle suore di San Benedetto Menni. Ufficialmente per curarsi ad Ascoli Piceno dove ha sede un’altra struttura sanitaria del gruppo, ufficiosamente dopo la scoperta di un deficit milionario (attualmente sarebbe di circa 4,5 milioni di euro) che mette a rischio il futuro della clinica e, soprattutto, 45 posti di lavoro.

Domani, quando il consiglio comunale tornerà a riunirsi, la proposta di consegnare l’onorificenza a suor Piera sarà messa ai voti. Ma il solo averla presentata spacca il parlamentino di palazzo dei Priori. “A parte che dopo aver ascoltato l’omelia di Gabbianelli (è stato il presidente del consiglio a lanciare l’iniziativa, ndr) avevo capito che la suora fosse morta, e solo dopo mi è stato detto di no – racconta un consigliere che chiede l’anonimato – ma al di là di questo mi chiedo quanti viterbesi la conoscano per giustificarne la cittadinanza onoraria. Io ho provato a fare un piccolo sondaggio: a parte gli addetti ai lavori, ai più quel nome non dice nulla. Non voglio fare polemiche però vorrei capire perché dovremmo votare sì. Anche perché ci si dimentica che qui rischiano il posto 45 persone”.

Non la pensa così Luisa Ciambella, consigliere del Pd, a testimonianza della stima bipartisan di cui la suora gode a Viterbo. “Lo ritengo un gesto doveroso e meritato – dice – da parte di una persona che ha speso tutta la sua vita in favore dei pazienti e di tutti i dipendenti. Quello che oggi è Villa Rosa dal punto di vista sanitario è certamente anche frutto dell’impegno costante che in trent’anni Suor Piera ha profuso lavorando sempre guidata dalla sua lungimiranza”. E ancora: “Assegnarle questo riconoscimento significa inoltre, in un momento delicato per la struttura come questo, riportare chiarezza – aggiunge – in una vicenda gestionale poco edificante che la vede assolutamente estranea visto che la gestione della struttura è sempre stata assegnata dalla congregazione provinciale a specifici direttori generali. E significa che le istituzioni sono dalla parte dei dipendenti che oggi rischiano il licenziamento. Per questo è necessario – conclude – che il consiglio comunale chieda di avere contezza dei bilanci della struttura per contribuire a trovare soluzioni che sono certa esistono ma devono essere trovate prestissimo”.

Non è dello stesso avviso il consigliere Udc Roberto Talotta, anche sindacalista Fials. “La fallimentare gestione contabile di Villa Rosa che si vuole – sostiene – frettolosamente compensare con il trasferimento di suor Piera, oggi nelle spiacevoli vesti di capro espiatorio, non eviterà una situazione a dir poco rovinosa per le forti implicazioni che si avranno sull’aspetto sanitario territoriale, tanto da auspicare un serrato confronto tra la direzione provinciale della Casa di cura, i sindacati, il direttore generale Asl, il sindaco, il presidente della Provincia ed il prefetto di Viterbo, al fine di scongiurare qualsiasi condizionamento sul personale dipendente e, in modo particolare, sulle attività erogate all’interno dell’Istituto”. Ma nonostante questo ragionamento Talotta non dirà sì alla proposta. “Senza nulla togliere alle sue virtù, preannuncio il mio voto contrario in consiglio comunale – dice – in quanto ritengo che, in siffatta circostanza di indubbia sofferenza e forte preoccupazione per tutti i dipendenti e le loro famiglie, è da giudicare fuori luogo, e per certi versi avventata, una celebrazione che mette in secondo piano il drammatico contesto di Villa Rosa, che non tarderà a causare seri problemi sul piano sanitario-assistenziale nel distretto di Viterbo e provincia”.

Insomma, tra chi ne difende l’operato a spada tratta, chi dice di non conoscerla affatto e chi sostiene che in ogni caso le priorità sono altre, ovvero salvare i lavoratori e il futuro della struttura, a Viterbo va in scena l’ennesimo teatrino. Mentre 45 persone rischiano di essere messi in mobilità da un giorno all’altro per un deficit sui cui sindacati hanno chiesto di fare chiarezza alla proprietà, visto che “l’azienda – hanno detto – è l’unica della provincia  a non aver subito alcun taglio dalla Regione e lavora sempre a pieno regime”, il consiglio comunale anziché pronunciarsi con atti concreti su come evitare i licenziamenti si arrovella sull’identità della suora e sulla opportunità o meno di darle la cittadinanza. Le eventuali responsabilità, eventuali perché è da dimostrare che ci siano, per il buco di bilancio di Villa Rosa (2 milioni di euro annui dal 2006, in parte ripianati) non è certo il consiglio comunale a doverle ricercare. Ma la politica una risposta alla domanda di lavoro e di tutela del lavoro dei suoi cittadini deve darla. Una risposta ben più importante del sì o no alla cittadinanza a suor Piera.

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