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I 10 sindaci della Prima Repubblica

storicoQuello che sarà eletto tra oggi e domani (con conseguente turno di ballottaggio domenica 9 giugno se nessun candidato raggiungerà il 51 per cento dei voti) sarà il quattordicesimo sindaco di Viterbo dal dopoguerra a oggi.

Un percorso democratico cominciato il 9 giugno 1944, quando le truppe angloamericane arrivarono nel capoluogo della Tuscia, liberandolo dall’occupazione tedesca. L’avvocato Luigi Grispigni, di ispirazione liberale, che aveva fatto parte del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) ed era stato già assessore alle finanze in epoca pre-fascista, fu nominato Commissario al Comune. Il 9 settembre dello stesso anno, per concorde volontà di tutti i partiti del Cnl, viene nominato sindaco. L’amministrazione Grispigni resta in carica fino alla primavera del 1946. Il 7 aprile di quell’anno infatti, si tengono le prime elezioni vere e proprie, che interessano circa 25.000 elettori viterbesi. Vince la Dc, secondo il Pri e terzo il Pci: viene nominato sindaco il democristiano Felice Mignone, che rimarrà in carica per ben 10 anni.

Con le elezioni del 27 maggio 1956 infatti, termina l’esperienza Mignone. La Dc vince ancora le elezioni e conquista ben 18 consiglieri su 40, ma la formazione di una maggioranza appare da subito  complicatissima. Così, dopo due mesi di snervanti consultazioni e una seduta fiume (30 luglio) conclusasi alle 6 del mattino, viene eletto sindaco l’ingegner Domenico Smargiassi, che – tra varie peripezie – rimarrà in carica fino al 1965.

Il 1965 per Viterbo è l’anno della svolta. Giacché per la prima volta a palazzo dei Priori si forma una giunta di centrosinistra e viene eletto sindaco il dottor Giuseppe Benigni, quarantenne, laureato in giurisprudenza e in procinto di intraprendere la carriera notarile.

Ma la sua avventura dura soltanto pochi mesi. La crisi, tutta interna alle correnti democristiane, si affaccia già ad ottobre e a dicembre Benigni è costretto ad alzare bandiera bianca, dimettendosi. Il 28 di quello stesso mese, ristabiliti gli equilibri interni nella Balena Bianca, viene eletto sindaco il professor Salvatore Arena, il quale resta in carica per quattro anni. Ma quando ormai mancano pochi mesi alle nuove elezioni, il 5 dicembre 1969 si dimette con una lettera alla giunta, nella quale alcuni riferimenti piuttosto espliciti  autorizzarono a pensare a un gesto dettato dallo scoraggiamento, conseguenza della constatata impossibilità di neutralizzare l’azione di forze più o meno occulte che condizionavano la vita cittadina.

La lettera del sindaco dimissionario verrà poi letta nella seduta consiliare dell’8 gennaio 1970, durante la quale verrà eletto sindaco Santino Clementi. Una breve esperienza la sua, visto che il 7 giugno di quell’anno si doveva tornare alle urne per la scadenza naturale della legislatura.

A giugno la Dc si conferma largamente il primo partito e Clementi è il primo degli eletti con oltre 3 mila preferenze. Ma per avere il nuovo sindaco si dovrà attendere addirittura il 30 settembre. Da un lato infatti, l’implosione dell’unificazione tra Psi e Psdi (avvenuta l’anno prima a livello nazionale) pone grossi problemi alla costituzione di una nuova maggioranza di centrosinistra. Dall’altro, all’interno della Dc, spuntano i classici due galli nel pollaio. Il primo è Santino Clementi, il più votato dai viterbesi; l’altro si chiama Rodolfo Gigli, astro nascente dello scudocrociato locale. Alla fine la spunterà proprio Rodolfo Gigli e Clementi sarà costretto a cedere il passo.

A giungo 1975 Gigli decide di lasciare definitivamente palazzo dei Priori e tentare l’avventura alla neonata Regione Lazio (sarà eletto insieme a Franco Bruni), mentre il 15 di quel mese si svolgono le nuove elezioni comunali. Il 28 luglio, dopo una serie di rinvii, viene eletto sindaco Rosato Rosati, che amministrerà il Comune fino al novembre 1983, sempre con giunte minoritarie. Negli ultimi mesi della sua amministrazione giungeranno in porto due importanti realizzazioni, anche se la loro inaugurazione avverrà successivamente: viene aperto il tratto Viterbo-Orte della Superstrada; all’università della Tuscia nasce la facoltà di Lingue e letterature straniere. Due conquiste per le quali il Comune s’era molto impegnato.

Il 7 novembre 1983 Rosati si dimette per motivi personali e al suo posto viene eletto Silvio Ascenzi. Un sindaco che sarà considerato molto attivo dai viterbesi. Ricordato per i lavori di restyling che misero a soqquadro per un paio di mesi l’intero centro storico e per due visite memorabili, avvenute entrambe nel 1984: quella di Papa Giovanni Paolo II e l’altra del presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Nel 1985 si va a nuove elezioni e Silvio Ascenzi fa il record di preferenze. Sicché viene confermato sindaco alla guida di una giunta monocolore. Ma il suo regno durerà poco in quanto, nel febbraio 1986, è costretto alle dimissioni. Al suo posto arriva un altro imprenditore: l’architetto Pio Marcoccia. Un mossa questa, voluta dalla dirigenza Dc, che non viene accolta bene dall’opinione pubblica viterbese, tanto che a farne le spese è proprio il neo sindaco.

Marcoccia comunque, resta in sella per tre anni, giacché a gennaio 1989 confida che intende passare la mano per motivi di carattere personale, creando scompiglio nella dirigenza democristiana. Le dimissioni vengono ufficializzate nella seduta del 3 marzo, ma per quella data il nome del nuovo sindaco è già bello che pronto. Ed è quello di un medico trentenne alla sua prima consiliatura: l’angiologo Giuseppe Fioroni.

Il 6 maggio 1990 si vota di nuovo e Fioroni riceve la benedizione del popolo: sfiora le 9 mila preferenze e la sua Dc arriva ad avere 19 consiglieri su 40. Con alterne vicende e qualche rimpasto rimarrà sullo scranno di palazzo dei Priori fino alla primavera del 1995. Quando si era in piena Tangentopoli, la Dc e il Psi erano in disfacimento e si votava con la nuova legge per l’elezione dei sindaci. Ma questa è un’altra storia. La storia della Seconda Repubblica.

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