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Il problema dell’Italia si chiama Berlusconi

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Non siamo ancora alla guerra civile. Ma forse non ci siamo neanche tanto lontani. Perché l’Italia è sempre più spaccata in due. E la rabbia e l’insofferenza, acuite dalla crisi che continua a mordere e crea ogni giorno nuovi disoccupati, contribuisce sempre più a far sì che l’atmosfera diventi incandescente. I segnali ci sono tutti. Prendete Mara Carfagna, insultata mentre stava al supermercato. Oppure riguardatevi le immagini di cosa è accaduto a Brescia sabato scorso durante la manifestazione del Pdl. Per non parlare poi, andando un po’ a ritroso nel tempo, dei due carabinieri feriti davanti a palazzo Chigi o della disavventura capitata a Dario Franceschini mentre era al ristorante. E la lista è largamente incompleta.

Comunque sia, ce n’è abbastanza per intuire che, andando avanti di questo passo, prima o poi accadrà inevitabilmente l’imponderabile (a Roma direbbero: “daje e daje, ce scappa er morto) se la politica – ma anche qui c’è da dire che non sono tutti uguali – non sarà in grado di governare con autorevolezza e credibilità questa delicatissima fase che sta attraversando l’Italia.

Sicuramente per qualche lettore il mio ragionamento sarà fazioso, ma (perdonatemi) io non riesco a separare quanto sta accadendo dai comportamenti – anche recenti – di  Silvio Berlusconi. Il quale, da un lato vorrebbe fare il padre nobile del Paese in stile Alcide De Gasperi; ma dall’altro continua nella sua propaganda tutta tesa a rinfocolare gli animi di chi lo ama e di chi lo odia.

Berlusconi è intelligente, capace e furbo. Ed è consapevole che il suo zoccolo duro lo idolatra al di là dei suoi effettivi meriti. Così, dopo aver auspicato a ritmo incessante per ben due mesi il governo di larghe intese col Pd (giacché, se i Democrat avessero malauguratamente raggiunto un accordo col Movimento 5 Stelle per lui sarebbe stata la fine), ora che è riuscito nel suo intento, avendo bisogno di tener alti i toni, interpreta il ruolo del leader di lotta e di governo. Minacciando di far cadere l’esecutivo sull’Imu (siamo sicuri che era la priorità del Paese?) e poi addossando a se stesso tutti i meriti della sua sospensione (attenzione, non abrogazione. E della restituzione di quella del 2012 non ne parla più).

Altro capitolo, la legge elettorale: per tutti gli altri andrebbe fatta subito, per lui no. Prima le riforme costituzionali (se va bene, ci vogliono tre anni). Sapete cosa vuol dire? Che se il governo dovesse cadere (e lui può mandarlo a casa in qualsiasi momento) si tornerebbe a votare col Porcellum, che a lui fa comodo.

Infine, le sue vicende giudiziarie. Berlusconi continua a fare il martire (altri politici prima di lui sono stati processati per reati pesanti – pensate solo ad Andreotti – ma non sono mai fuggiti dalle aule di giustizia, affermando di essere perseguitati) ma ora che le sentenze stanno arrivando sta pensando ad altri stratagemmi per salvarsi. Giorni addietro ne ha illustrato uno Enrico Mentana (uno che lo conosce bene) durante il Tg di La 7: prima che arrivi la sentenza definitiva del processo Mediaset Berlusconi avrebbe in animo di far cadere il governo e tornare alle elezioni; candidarsi alla Camera; vincere (i sondaggi lo confortano) e a quel punto, forte della maggioranza dei Deputati grazie al Porcellum, far votare il no alla sua interdizione dei pubblici uffici.

Stando così le cose l’Italia si ritrova ancora una volta in una specie di limbo dal quale non è destinata a uscire troppo facilmente. Anche perché, mentre Berlusconi comunque domina il palcoscenico, dall’altra parte si intravede soltanto una grande confusione. Beppe Grillo continua a urlare, ma una proposta alternativa che sia dialogante con le altre forze in campo si guarda bene dal farla. Sicché, almeno stando ai sondaggi, i consensi nei suoi confronti cominciano ovviamente ad assottigliarsi. E il Pd? Qui meglio stendere un velo pietoso, giacché ancora una volta il partito ha deciso di non decidere, affidandosi a un altro brav’uomo come Guglielmo Epifani per navigare a vista fino a ottobre (e non è detto che allora i nodi si sciolgano, visto il doroteismo ormai imperante).

E allora? Il rischio per il presidente del Consiglio Enrico Letta è quello di farsi rosolare a fuoco lento. E per quella mezz’Italia  che considera Berlusconi una iattura quello di continuare a rodersi il fegato inutilmente.

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23   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Il problema dell’Italia si chiamano italiani. Italiani che votano i pessimi Bossi e Berlusconi, e finanche il deleterio Grillo.

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