24042024Headline:

L’elezione del sindaco? Un reality show

candidati a sindacoAlla fine è come nei reality show, quella roba stile Grande Fratello. Basta qualche giorno di osservazione per capire chi, dentro la Casa, è lo stupidotto, il permaloso, il sovraeccitato (oddio, quasi tutti in realtà), l’intellettualoide o il cazzaro della situazione. Perché alla fine degli uomini, delle persone, emergono raramente le idee, e più spesso si notano solo i tic, i vizi, i modi di fare e di apparire. Figuriamoci allora in campagna elettorale, dove quattordici tizi – è il nostro caso, le elezioni comunali di Viterbo – se ne stanno più o meno sempre sotto i riflettori, sotto la lente di ingrandimento. A farsi guardare, a cercare di convincere l’elettorato,  per un voto. I quattordici candidati per palazzo dei Priori non possono né vogliono nascondersi: mandano comunicati stampa come raffiche di mitra, organizzano incontri, fanno cose e vedono gente – per dirla alla Nanni Moretti – appaiono sui social network, nelle piazze reali, agli aperitivi. Ovunque. E così diventano quasi di casa, volti e voci familiari (sempre che qualcuno abbia il fegato di volerli nella propria famiglia).

C’è chi, come Giulio Marini, può sfruttare la notorietà di essere il sindaco uscente, e ricandidato. Per cinque anni è stato sempre sulla scena, è conosciuto perché ha indossato la fascia tricolore e ha occupato l’ufficio di palazzo dei Priori così come i vari palchi riservati alle autorità in ogni manifestazione. Che sia un vantaggio reale oppure un limite (perché alla fine ci si stanca di vedere sempre le stesse facce), lo scopriremo presto. Di certo, il primo cittadino in questi giorni sta cavalcando le onde da par suo: organizza conferenze per presentare le iniziative della sua amministrazioni, tra cui inaugurazioni, progetti futuri finanziati dai soldi del Plus (lo spazio espositivo nella pensilina di piazza del Sacrario) e campagne di sensibilizzazione. Tant’è che anche la sua agenda giornaliera via Facebook appare un po’ troppo istituzionale, paludata e affidata a qualche ghost writer, invece che scritta di suo pugno.

Un discorso simile vale per Leonardo Michelini, che può godere del traino delle primarie del centrosinistra, da lui stravinte a marzo. Esaurite le polemiche interne all’alleanza, polemiche a volte un po’ pretestuose, ecco che l’ex presidente della Coldiretti si è concentrato sui temi della campagna elettorale, affidandosi anch’egli ad uno staff per la comunicazione e potendo contare pure sul contributo dei consiglieri comunali uscenti in quota Pd. I vari Alvaro Ricci, Luisa Ciambella, Sergio Insogna, Fabrizio Fersini eccetera, sono vere e proprie macchine da guerra e da comunicati. Con loro, la visibilità è assicurata, e anche in questo caso le apparizioni in dibattiti, convegni, assemblee e incontri non mancano. Per il resto, Michelini tiene fede al suo stile:  pacato, senza forzare polemiche, quasi ecumenico. E non solo per i capelli bianchi.

Più battaglieri, se non barricaderi, tutti gli altri. A partire da quelli delle liste civiche. Chiara Frontini ne ha schierate addirittura due, di liste: Viterbo 2020 e Rotta Comune, e le guida con piglio garibaldino. L’ex assessora, superata l’esperienza con Marini a palazzo dei Priori, sa che per fare il salto di qualità bisogna pedalare. E infatti pedala. Gira pure una foto di lei, in piedi su un furgoncino, che arringa la folla col megafono in mano: altro che il predellino di berlusconiana memoria, la Frontini sembra una gruppettara degli anni Settanta… Più futuribile, invece, la sede del suo comitato elettorale: una “home” in via della Pila, roba che manco a San Francisco. Comunque, coraggiosa la ragazza. Poi staremo a vedere se avrà pagato in termini di preferenze, che alla fine è quello che conta.

Sceglie l’arrembaggio anche Filippo Rossi, memore dei suoi trascorsi futuristi (anche se alla Repubblica di Fiume al massimo può opporre quella di Viale Fiume). La sua campagna è partita con gli effetti speciali nella serata evento del teatro San Leonardo e va avanti con altri fuochi d’artificio, palloncini, abbracci, bandiere. Tutto molto bello, ma l’impressione è che l’effetto novità/curiosità sembrerebbe andare scemando col tempo.

Scoppiettante pure la strategia di Michele Bonatesta, ex senatore che con Insieme per il territorio cerca di sparigliare le carte. A dispetto dei suoi 71 anni, Bonatesta sembra recitare il ruolo di battitore libero, di rompiscatole (nel senso buono del termine), di Pierino barbuto. Lo si è visto nei dibattiti, dove non ha disdegnato le provocazioni agli avversari, e anche nelle stilettate che affida quasi quotidianamente alle pagine del suo giornale on line.

Il paradosso arriva invece da quelli del Movimento cinque stelle, i cosidetti grillini, anche se loro detestano la definizione. Gianluca De Dominicis, il candidato sindaco, vola basso e lascia i colpi di testa ai suoi colleghi che stanno scompigliando il Parlamento. Lui, quasi quarantenne e sottufficiale dell’esercito, si concede al massimo di girare per la città con la sua bici: niente manifesti, niente “santini”, pochi incontri pubblici. E’ andato a Parma, a studiare alla corte di quel Pizzarotti che è stato il primo sindaco cinque stelle di un capoluogo di provincia, sperando magari che gli possa portare bene. Così come ascolta i consigli dello psicologo Scatena, ormai suo spin doctor.

E gli altri? Giammaria Santucci, con Fondazione, s’è inventato il qr code, una specie di codice a barre sui manifesti che, inquadrato da uno smartphone, ti fa ascoltare il pensiero del sindaco. Avvenieristico, non c’è che dire, tanto da finire anche alla ribalta dei giornali nazionali. Andrea Scaramuccia (la Destra) ha piazzato i suoi figli sui manifesti, con lo slogan “Amiamo Viterbo come la nostra famiglia”. Famiglia scritto con la minuscola, perché sennò è roba siciliana. Ugo Biribicchi (Viterbo che lavora) punta sul sociale, ha una lista di facce pulite ma non brilla certo per presenzialismo, così come Renzo Poleggi (La Mia Tuscia), che nei suoi manifesti e volantini deve aver esagerato un po’ troppo con Photoshop, visti certi fotomontaggi  audaci, diciamo così. Giovanni Adami (Fiamma tricolore) ha deciso di non partecipare ai dibattiti ed è meglio non rompergli troppo le scatole, visto quanto è grosso. Marco Prestininzi (Rifondazione comunista) è fedele alla linea del partito: duro e puro. Infine citazione d’obbligo per Daniele Cario (Solidarietà cittadina) e Diego Gaglini (Casapound): il primo vuole il registro delle unioni civili, il secondo ha parlato di istituire in città “luoghi dove riscoprire il proprio erotismo” (qualsiasi cosa significhi). Il primo di sinistra, il secondo di estrema destra: eppure, sabato scorso al dibattito organizzato da Melting pot all’Underground, sedevano vicini vicini, e chiacchieravano amabilmente. Succede anche questo, nella casa del Grande fratello.

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20   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    L’Oscar per la miglior figura di m. se lo aggiudica, more solito, Filippo Rossi da Trieste con il suo geniale tour delle piazze vuote.

  2. Leo Viterbium ha detto:

    Io vorrei sapere chi, con quale autorità, con quale legittimità, con quale consenso degli elettori, ci ha imposto il voto con la discriminazione sessuale. Preferenze a un maschio e a una femmina, ma chi le vuole ?

  3. Giorgio Molino ha detto:

    Curiosità presto esaurita: è una legge del governo Monti (scusate la volgarità), votata da tutti o quasi i gruppi parlamentari.

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