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Tuscia: niente ministri, solo serbatoio di voti

Donatella Ferranti

Donatella Ferranti

Prima le elezioni regionali. Poi le elezioni politiche. Uguale il risultato: l’impossibilità (o l’incapacità?) per esponenti della Tuscia viterbese di entrare nelle stanze dei bottoni.

E’ accaduto per la Regione. In tanti hanno fatto il tifo per Enrico Panunzi (Pd) e per Riccardo Valentini (Lista Zingaretti), dati come sicuri assessori dell’esecutivo guidato da Nicola Zingaretti. E invece, grazie alla pratica – sulla quale il centro sinistra fece fuoco e fiamme – introdotta da Renata Polverini di nominare assessori esterni e imitata dal suo successore, i due eletti sono rimasti ospiti dell’aula di via della Pisana e non delle postazioni di via Cristoforo Colombo.

E’ accaduto per il governo di Enrico Letta. Gli aruspici viterbesi davano per certa, anzi certissima la nomina di Donatella Ferranti (deputato Pd, magistrato, già segretario generale del Consiglio superiore della Magistratura),  distintasi nella scorsa legislatura nella strenua battaglia contro l’introduzione di consuete leggi ad personam pro Silvio Berlusconi, prima fra tutte quella sulle intercettazioni – a vice di Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia. E invece non avrà a disposizione nessun ufficio in via Arenula.

E’ ignoto il motivo dell’esclusione. Ferranti, pur considerata sicura in virtù, non solo della sua riconosciuta preparazione e competenza sulla materia, ma anche della consuetudine col capo della corrente dei popolari Peppe/Beppe Fioroni, evidentemente non è riuscita a entrare in quell’Helzapoppin che ha preceduto la scelta dei sottosegretari, ritmato sulle armonie del “Manuale Cencelli”.

A volgere lo sguardo all’indietro, ci si accorge che il Patrimonio di San Pietro in Tuscia è stato molto avaro nell’esprimere uomini del governo nazionale. Nell’Italia repubblicana solo in due sono ascesi a cariche non indegne.

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Beppe Fioroni

Negli anni Sessanta/Settanta, Attilio Jozzelli (1926 – 1995), leader indiscusso della Dc dominata dalla corrente di Giulio Andreotti, che fu via via sottosegretario alla presidenza del Consiglio (07.08.1969-27.03.1970), con delega per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle zone depresse del Centro Nord (07.08.1969); sottosegretario alla Difesa (02.04.1970-06.08.1970); sottosegretario all’Agricoltura e Foreste (07.08.1970-17.02.1972), uguale delega dal (23.02.1972-26.06.1972) e infine sottosegretario Commercio e Artigianato (30.06.1972-07.07.1973), in successivi governi presieduti da Mariano Rumor, Emilio Colombo e Andreotti. In tempi recenti, Giuseppe Fioroni è stato ministro dell’Istruzione del governo presieduto da Romano Prodi, dal 17 maggio 2006 al 7 maggio 2008.

Sarebbe interessante andare a fondo delle cause che hanno relegato per decenni il “Patrimonium” a un unico compito: essere mera riserva di voti per questo o quel partito, per questo o quello schieramento. Forse si scoprirebbe che, per ragioni storiche e antropologiche, Viterbo e dintorni non sono mai stati in grado di lacerare quella “isolitudine” di cui meditò l’italianista Massimo Onofri nel suo “Gatti e Tignosi” (Ed Sette Città, 1994), “causa prima di quel sentimento parossistico, in bilico tra silenzio atavico e delirio d’onnipotenza”.

Il Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Una terra di santi: da San Bonaventura di Bagnoregio a Santa Rosa, da San Crispino a santa Giacinta Marescotti, per citare i più noti. Una terra di poeti: valga per tutti Vincenzo Cardarelli (Corneto Tarquinia, 1887 – Roma, 1959). Una terra di scrittori:  Bonaventura Tecchi (1896 – 1968). Una terra di pittori, al cui culmine possiamo mettere Matteo Giovannetti (inizio del XIV secolo – 1370), Giovanni Francesco Romanelli (1610 – 662). Una terra di eroi: Paolo Braccini (1907 – 1944), Mariano Buratti (1902-1944), entrambi insigniti della medaglia d’oro al valore militare alla memoria.

Ma non di ministri, né di sottosegretari.

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