25042024Headline:

Il voto? Oggi si chiede su Facebook

campagna elettorale webEra un mondo meraviglioso, prima. Era una campagna elettorale meravigliosa, prima. Pacata, rispettosa, slow nel senso di lenta. E piena di strette di mano, bellissime mani imbevute di sudore e di microbi. Ecco, aridatece le strette di mano, implorano i nostalgici, perché questa politica 2.0, la politica dei social network, la politica dell’entrare senza bussare, del chiedere senza attendere risposta, ha già scassato gli hard disk. E mancano ancora tre settimane piene al voto. Si salvi chi può.

Il guaio è che è cambiato tutto troppo rapidamente, e senza neanche regole certe. E quelle del 26 e 27 maggio prossimo, in fondo, a Viterbo sono le prime elezioni comunali sotto la dittatura – e la dettatura – del nuovo Web, del Web sociale.

Si è passati dai santini con scritto Vota Antonio (“Te li posso lasciare un paio?”, e poi te ne ammollavano tre dozzine) all’ingorgo perenne della rete. Dove i santini diventano “banner”, e stanno dappertutto, si moltiplicano, si riproducono, mutano forme e colori per insinuarsi anche nel sito di giardinaggio, o in quello di ricette etniche. Siamo alla clonazione dei santini, alla moltiplicazione ad infinitum. E va bene per il risparmio di carta per stamparli (la Foresta amazzonica sentitamente, ringrazia), ma il rompimento di zebedei, quello no. C’è chi li fa girare per Mms, chi per WhatsApp, la tremenda chat in tempo reale per i cellulari, chi li invia per posta elettronica, chi li piazza sul suo profilo facebook.

Ecco, facebook. Apriamo la dolorosa parentesi. Se il mostro creato da Mark Zuckerberg finora aveva sonnecchiato, perché le elezioni politiche, o regionali, interessano un pubblico troppo vasto e dispersivo e non sempre interconnesso tra sé (ad uno di Torino che gli importa del candidato di Canicattì?), con il voto locale la bestia si è risvegliata. Perché in una cittadina di 60mila abitanti tutti si conoscono, tutti sono amici – nel senso facebookiano -, il messaggio diventa immediatamente virale. Così come il santino, così come la richiesta. Le facce, gli slogan, girano che è un piacere. E gratis. Come reagisce l’utente davanti a questo martellamento mediatico?  Domanda interessante, risposta aperta: ci sono gli irriducibili partigiani, che appoggiano e diffondono il loro candidato e ignorano tutti gli altri. Ci sono quelli che insultano di qua e di là (“Avete rotto le scatole, tanto non voto nessuno”). E quelli che per non fare torti danno il “mi piace” al candidato di destra, di sinistra e naturalmente di centro. Così, giusto per accontentarli, tanto poi nel segreto della cabina elettorale fanno come vogliono.

Già così il ritratto della giungla mette spavento. Ma non è finita qui. Qualcuno infatti sta oltrepassando il limite, abbordando privatamente, via chat, l’amico sconosciuto e chiedendogli per chi vota, se vota, se gli interesserebbe votare un amico dell’amico. In barba alla privacy, alla costituzione (il voto è libero e segreto) e anche col rischio di beccare una denuncia per stalking.

La cosa abbastanza agghiacciante è che cambia il medium (dai manifesti ad internet, dai santini a facebook, dalle cene elettorali all’approccio in chat) ma molto spesso il messaggio non si è evoluto rispetto al passato. Gli slogan, le parole, le immagini, sono sempre le stesse: cambiare, il tuo sindaco, Viterbo è la città che amiamo, per il bene di tutti, eccetera. Roba che già girava cinquant’anni fa, e anche allora non sembrava poi così innovativa. C’è chi ha messo le foto della sua famiglia. Chi ha scelto uno sfondo originalissimo come Palazzo dei papi. Chi si è affidato a grafici pubblicitari che sembrano rimasti fermi agli anni Sessanta. E lo stesso dicasi dei programmi, delle promesse: il solito minestrone incomprensibile che neanche internet, con  la sua snellezza e la sua rapidità, è riuscito a semplificare e rendere davvero chiaro. Questo, forse è il guaio più grande: si evolvono i mezzi di comunicazione e di interazione, ma i cervelli che li utilizzano sono sempre gli stessi.

Infine, vale la pena citare le gradite eccezioni. Chi ha deciso di sfruttare la rete per cose che prima non erano possibili. E’ il caso di una giovane candidata in una lista di centrosinistra, Federica Miralli (merita la citazione una tantum), che ha creato un video in cui si rivolge ai non udenti col linguaggio dei segni. E poi lo ha messo on line, dove tutti lo possono vedere e capire, e poi decidere. Questa è una cosa buona e giusta, e da qui forse bisogna cominciare a ripensare l’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione: come un’opportunità, non come un’arma.

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318   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Filippo Rossi da Trieste, uomo di cultura (un giorno o l’altro ci piacerebbe sapere in che cosa consista tutta ‘sta cultura, ma vabbè…), comunica invece gonfiando palloncini. Quando l’autobiografia prende il posto del vetusto ma valido Votantonio e del più gggiovane e dinamico web.

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