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A Leonà, ma c’hai combinato!

Il rigore sbagliato da Bonucci

Il rigore sbagliato da Bonucci

A Fortaleza c’è la spiaggia più bella del Sud America. Quella spiaggia è Praia do Futuro, chilometri e chilometri di sabbia, ombrelloni, tette e culi (tante tette, tanti culi), venditori ambulanti di qualsiasi cosa, ma proprio di qualsiasi cosa. Ecco, oggi su quella spiaggia dice che è stato ritrovato un pallone, bello, nuovo, griffato Nike: è il pallone che Leonardo Bonucci ha spedito fuori dallo stadio Castelao, a qualche chilometro di distanza dalla praia in questione. Forse. O forse no, è soltanto un pallone rubato da qualche meninho, quelli poveri e scalzi che s’infilano dappertutto, e che per qualche centesimo ti lustrano le scarpe, ti vendono adesivi, ti chiedono da mangiare.

Eccola, Fortaleza, la città che prima dell’altra sera, prima di quel rigore, era citata e ricordata dagli italiani soltanto per le donne, la capirinha, il rodizo di una carne da sentirsi male per quanto è buona e per quanto costa poco. Ci voleva un viterbese tosto,  uno di Pianoscarano, per cancellare l’immagine così idilliaca di un posto comunque meraviglioso. Ci volevano le sue palle, il suo coraggio per andare a tirare quel rigore, quando si stava andando ad oltranza, e ogni penalty valeva il doppio, o il triplo. Lui, Leo, se n’è fregato. E’ andato sul dischetto, (non) ha preso la mira e ha fatto fuoco. Alto, altissimo, destinazione spiaggia, tutti al mare a mostrar le chiappe chiare, perché l’Italia – cioè Bonucci – ha mandato all’aria letteralmente la possibilità di andare in finale. In finale c’è andata la Spagna, la cattolicissima e maledetta Spagna. Dopodiché è partita la caccia al Bonucci, uno sport che, cominciato dalla piccola e invidiosa provincia (cioè Viterbo) ha contagiato il mondo, cioè il web.

Tutti a dire, anzi a digitare, anzi a postare, parola dolcissime come “Sei una pippa”, “Levati quella maglia azzurra, non sei degno di portarla”, “Materazzi era cento volte meglio di te” (cioè, dico, Marco Materazzi detto Piedi bestemmiati). Un massacro in piena regola, che ha intasato Facebook, ha invaso Twitter e ha riempito i discorsi dei bar sport di tutto lo Stivale. In questo chiacchiericcio, si sono distinti come al solito i suoi concittadini, che dopo avere osannato Bonucci quando era una “giovane promessa”, hanno iniziato prima a criticarlo, poi ad invidiarlo quando è diventato un campione, fino a scadere negli insulti di oggi. Un crescendo rossiniano, o forse un abbrutimento, una regressione, che meriterebbe l’analisi di uno psichiatra, ma di quelli bravi. Insomma, Leonardo tra due fuochi: la celebre “ironia” del web, e gli strali dei compaesani. “Solo un viterbese poteva sbagliare il rigore”, è la frase letta che si merita il premio Barack Obama (un nobel per la pace che fa la guerra) per l’ipocrisia.

Chi lo difende? Intanto, il compagno d’azzurro e di bianconero Giaccherini, che dicendo “Quel rigore dovevo tirarlo io, è colpa mia”, si è praticamente immolato per Leo. Ci prova ad autodifendersi anche lo stesso Bonucci, buttandola sulle promesse: “Mi allenerò per tutto l’anno, non voglio correre il rischio di sbagliare ancora, magari ai Mondiali”. Ci provano poi i più oltranzisti tra i tifosi giuventini, che però sembrano tanto quei giapponesi che ancora facevano la guerra nel Pacifico quando la guerra era finita da un pezzo. E naturalmente lo difendiamo noi, sul piccolo e umile Post, blog di provincia che non processerà né condannerà mai uno come Bonucci. Intanto perché “i rigori li sbaglia solo chi li tira”, come diceva Parmenide. E la storia del pallone è piena di gran rifiuti dal dischetto, a partire da quello del Divino (senza palle) Falcao contro il Liverpool. Ma Leo va difeso anche per un’altra ragione: perché uno di Pianoscarano potrà anche sbagliare, ma dal giorno successivo abbasserà la capoccia dura di peperino e si rimetterà a lavorare, lavorare e lavorare. In questo modo si arriva in alto, in questo modo ci si rialza e si torna a combattere.

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