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Attappata! Dopo quattro mesi

La voragine "restaurata"

La voragine “restaurata”

L’hanno attappata. Chiusa. Sigillata. Quel cratere in mezzo a piazza del Gesù, la voragine delle polemiche e delle strumentalizzazioni, la voragine della vergogna, adesso non c’è più. Ricoperta da uno strato di asfalto, in attesa che si possa intervenire più incisivamente, ripristinando la pavimentazione uniforme col resto della piazza, cioè gli storici lastroni in peperino. Una soluzione temporanea, ed esteticamente non bellissima, ma comunque sempre meglio di niente. Il buco con le transenne intorno, in uno dei luoghi più belli del centro storico – un posto che se fosse stato in Umbria sarebbe un salotto – è solo un ricordo. Il simbolo di un’era che finiva, una delle scene di fine impero.

Era il 5 marzo, mattina grigia di fine inverno, quando un camion si trovò a passare di lì. Un camion pesante, tanto da spaccare il terreno. Un camion “non autorizzato”, come si affrettò a specificare l’allora sindaco Marini, intervenuto sul posto dove operai e vigili del fuoco cercavano di mettere in sicurezza la zona. Già, autorizzato o no, resta incomprensibile come un mezzo così grosso potesse essere finito lì, nel cuore di Viterbo, tra le botteghe e i palazzi storici, fontane e chiese.

5 marzo 2013: il giorno della voragine

5 marzo 2013: il giorno della voragine

Fu subito polemica. Scandalizzati i commercianti, che vedevano la voragine come l’ultimo di una lunga serie di violenze, di stupri, al centro cittadino. Esterrefatti i turisti che si trovavano a passare di là: “What’s happened here? A bomb?”. Qualcosa del genere, sir. Eccitatissimi i politici di ogni schieramento, che hanno infilato in quel buco tutta la loro prosopopea, la loro retorica di provincia, le loro banali strumentalizzazioni. E intanto il cratere restava, immobile e buio, notte e giorno, con la pioggia e con il sole, mentre intorno la gente prendeva l’aperitivo o appoggiava un attimo la macchina. Ormai diventato parte dell’arredo urbano, la risposta viterbese al pozzo di San Patrizio di Orvieto, alla fonte Aretusa di Siracusa, alla Bocca della Verità e chissà pure al Grand Canyon.

Il 30 aprile toccò ad un movimento civico, Viva Viterbo, cavalcare l’onda, riempiendo la voragine di palloncini colorati. La lista aveva la sua sede elettorale proprio lì di fronte, lungo via San Lorenzo, e fu un gioco da ragazzi riunire tante persone – allora tutte fermamente convinte di ciò che facevano – e procedere a quella dimostrazione. “Un’iniziativa futurista”, la ribattezzarono gli osservatori, una provocazione civica e civile che però si dimostrò solo colorata, e un po’ fine a se stessa, oltre a fornire pretesti per gli attacchi dei concorrenti politici.

Nell’ultimo consiglio comunale della gestione Marini, quello convocato in calcio d’angolo per approvare il bilancio, ci provò Paolo Barbieri, coi suoi modi così cortesi e così democristiani, a tirare fuori l’argomento. Gli rispose prima il vicesindaco Buzzi e poi lo stesso Marini. Mentre stava per suonare la campanella, e le bidelle già lavavano i corridoi, si intuì che i tempi erano lunghi, perché di mezzo c’erano anche delle proprietà private, e beghe legali, e cose così. All’irritazione subentrò la rassegnazione. E l’immagine di quel vuoto diventò l’immagine di un fallimento amministrativo.

Oggi la voragine è stata chiusa, seppure in modo provvisorio. Lo ha fatto la Giunta Michelini, senza neanche troppa pubblicità. La piazza è tornata a vivere e ha potuto ospitare in modo degno Caffeina. Le macchine sono tornate a parcheggiare. I turisti neanche ci fanno caso, a quella macchia scura di catrame che copre tutto e che forse copre anche quello che è passato.

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21   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Che bello? The big but stinky journalist, dall’alto del suo cattivo odore, non la pensa così.

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