28032024Headline:

Abolire il Porcellum col metodo conclave

camera deputatiE poi dice che bisogna avere ancora fiducia nei partiti… E allora, ascoltate quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in tema di nuova legge elettorale. C’è chi la vuole cotta e c’è chi la vuole cruda; c’è chi propone leggere modifiche al porcellum per farlo diventare un porcellinum; chi (leggi: Napolitano) convoca i partiti della maggioranza (e a scoppio ritardato anche quelli della minoranza) per sollecitare l’adozione di una legge “che sia il più condivisa possibile”; chi si rifiuta di andare (leggi: grillini) perché teme che si faccia un “Napolitanellum” e addirittura minaccia l’impeachment per l’inquilino del Quirinale; chi infine, (leggi: Matteo da Firenze, santo subito) dice chiaro e tondo che se diventerà segretario del Pd si andrà sparati verso un maggioritario dove si saprà subito chi ha vinto e chi ha perso (salvo poi capire dove troverà i voti in Senato per tramutare questa sua intenzione in legge dello Stato).

Insomma, parole, parole, parole (che non hanno nulla a che fare con la canzone degli anni ’60 di Mina e Alberto Lupo). Tante parole, senza alcun costrutto; senza alcuna speranza di veder cambiata una legge che tutti – ma proprio tutti, pure quelli che l’hanno proposta e approvata (vero, Berlusconi?) – definiscono una schifezza. E mentre si attende la sentenza della Corte Costituzionale (prevista per il prossimo 3 dicembre), che potrebbe abrogarla in tutto o in parte, si continua a cincischiare sul nulla col pericolo che si possa tornare a votare proprio col Porcellum, visto che il Berlusca ha praticamente deciso di legare la morte del governo Letta alla sua decadenza da senatore.

Un problema senza via d’uscita, dunque? No, la soluzione ci sarebbe. E a proporla potrebbero e dovrebbero essere proprio i viterbesi (guarda un po’) forti di una storia secolare che basterebbe riesumare e attualizzare per arrivare all’obiettivo in men che non si dica.

Il riferimento, neanche a dirlo, è all’evento storico che diede il nome di conclave all’elezione dei Pontefici e che risale al 1270, quando proprio gli abitanti di Viterbo, allora sede papale, stanchi di anni di indecisioni dei cardinali, li chiusero a chiave nella sala grande del palazzo papale e ne scoperchiarono parte del tetto (la leggenda dice pure che furono nutriti a pane e acqua), in modo da metterli nelle condizioni di decidere al più presto chi eleggere come nuovo pontefice.

Ecco, prendendo esempio dalla storia – che spesso è maestra di vita – non sarebbe affatto da censurare una bella spedizione di muratori, manovali e carpentieri (con l’aggiunta di qualche fabbro) che scoperchiassero il tetto di Montecitorio e palazzo Madama, vi rinchiudessero dentro deputati e senatori, e attendessero con pazienza – e con le chiavi rigorosamente in mano, dopo aver dato sei o sette mandate alle rispettive serrature – la modifica della legge in questione.

Nel 1270 i cardinali, prigionieri dentro palazzo Papale di piazza San Lorenzo, impiegarono 1006 giorni per eleggere Gregorio X. Ma i parlamentari di oggi, con la fame che si ritrovano, impiegherebbero molto meno.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Filippo Rossi da Trieste il votivendolo propone invece il kaffeinellum. In che cosa consiste? Semplice: la sua lista determina la maggioranza alleandosi con chi offre di più.

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