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Fioroni, una scelta per la sopravvivenza

Beppe Fioroni

Beppe Fioroni

A Viterbo dicono un po’ tutti che il sottoscritto sia un “fioroniano di ferro”. E la cosa non è del tutto lontana dalla realtà. Nel senso che, al di là dell’amicizia e la stima che mi legano all’uomo, lo considero come l’unica risorsa possibile a certi livelli per una Viterbo che vuole tentare il salto in avanti. Una considerazione credo oggettiva, che risale dall’osservazione di quanto avvenuto in questi ultimi vent’anni: il centrodestra che ha dominato nella Tuscia per tutto questo periodo ha saputo regalare agli eredi degli Etruschi soltanto la grande utopia di un aeroporto (nato, tra l’altro, per volontà del centrosinistra nella breve stagione del governo Prodi) che non s’è fatto e che non si farà più.

Ma essere “amico di Fioroni” (come spesso vengo etichettato, anche con qualche sorrisetto ironico) non mi ha mai impedito di ragionare con la mia testa e di valutare gli eventi con un criterio di giudizio tutto mio. Cosa che più di una volta mi ha portato a pensarla in modo di verso dal carissimo Cicciobello; o, se volete, dall’Irrottamabile, nick name dell’ultim’ora che si attaglia bene al personaggio in questione.

Tutta questa premessa serve a sgombrare il campo da ogni possibile illazione su quanto ora andrò ad analizzare, ovverosia la scelta di Beppe Fioroni di non appoggiare al prossimo congresso nazionale del Pd Matteo Renzi (e ancora non s’è capito bene se darà il suo voto a Cuperlo). Una scelta, a mio avviso, dettata più che altro dallo spirito di sopravvivenza, come quella del tacchino che ha il terrore di festeggiare il giorno del Ringraziamento. Un bel replay della scelta di un anno fa, quando decise di appoggiare Pierluigi Bersani alle primarie per la premiership. E tutti sappiamo poi com’è andata a finire.

Fioroni dunque resta alla finestra (oppure ha scelto, ma non lo dice), avvantaggiato dagli ultimi eventi che hanno rafforzato il governo Letta e che – a meno di sorprese che in Italia sono sempre possibili – è quindi ormai destinato a veleggiare fino al 2015, ma non è escluso che possa durare – in base a ciò che sta avvenendo nel Pdl – addirittura fino a fine legislatura.

Letta ha in parte oscurato la stella di Renzi. E su questo – credo – dobbiamo essere tutti d’accordo. Ma da qui ai prossimi mesi avrà un compito improbo: quello di governare un’Italia che è ancora in mezzo al guado, che non è uscita dalla crisi, che ha bisogno di pesanti riforme per risollevarsi dal magma in cui l’hanno portata gli accadimenti internazionali e l’ultimo governo Berlusconi. Per far questo servono un esecutivo forte (la speranza è che – tolto di mezzo il Caimano – lo diventi), ma anche un Pd riformista che lo supporti. Quel Pd sognato da Veltroni, uccellato dopo un anno e mezzo di regno; che recepisca finalmente i cambiamenti della società italiana e sappia dialogare con essi; che si renda conto che il conservatorismo (attuato fino a ieri) non porta da nessuna parte.

Gianni Cuperlo, persona preparata e degna della massima stima, rappresenta purtroppo ancora il vecchio modo di essere del Pd. Il Pd di d’Alema, di Bersani e degli ex Ds; di quelli che hanno paura di perdere i voti a sinistra e che finiscono per perderli a favore di Grillo; di quelli che sanno vincere le primarie grazie all’apparato e che poi vengono regolarmente sconfitti nei confronti che contano. Credo invece che oggi all’Italia serva ben altro. Serva un Pd che intercetti quella voglia di cambiamento ormai non più rinviabile e – anche con Enrico Letta al governo – Matteo Renzi sia l’unico che può rappresentarlo adeguatamente.

Beppe Fioroni, ancora una volta, ha fatto una scelta tatticamente intelligente. Se alla fine si schiererà con Gianni Cuperlo, che rappresenta l’ala sinistra del partito, lo farà perché in questo modo la sua ala, quella dei cattolici moderati, diventerà – pur se minoranza – indispensabile per la stessa sopravvivenza del Pd. Ma è una scelta che rischia di farci rivedere un film già visto.

Ecco perché, pur volendo tanto bene a Beppe Fioroni e accettando anche l’appellativo di “fioroniano di ferro”, la mia scelta sarà diversa. E mi batterò perché sia vincente.

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16   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Cosa si vince alla gara a chi è più “fiorioniano di ferro”, una vecchia e vissuta mutanda di Peppe Bucìa?

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