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Quando Viterbo era caput mundi

palazzo papi“L’obiettivo dell’autore mi pare quello di valorizzare quanto la ricerca scientifica, ovvero quella costruita con solida aderenza alle fonti ed adeguata acribia esegetica, ha fin qui potuto accertare della complessa e travagliata storia di Viterbo, tutto ciò proponendo con finalità di corretta divulgazione”: firmato Alfio Cortonesi, professore emerito di Storia medievale dell’Università degli studi della Tuscia.

“Si tratta di un libro da collocare a cavaliere, come è ormai consuetudine del Nostro, su quell’insidioso spartiacque  che divarica i rigori della ricostruzione storica dalle rievocazioni letterario/sentimentali tipiche del localista di razza che ormai abbiamo imparato ad apprezzare”: firmato Antonello Ricci, docente di materie letterarie, scrittore e perfomer.

Sono più che lodevoli le presentazioni che Cortonesi e Ricci hanno dettato nelle prime pagine del volume di Giovanni Faperdue, appassionato cultore di storia locale, che ha sfornato la sua nona fatica (“1257-1281: Viterbo caput mundi”, pp. 167, euro 20) addensando in trentotto capitoli il memorabile della città dei Papi.

Una città (“una delle non  molte città italiane – sottolinea Cortonesi – di genesi propriamente medievale”) che nell’arco temporale inciso nel titolo è stata un centro di valenza europea, crocevia di eventi e di personaggi di grande rilievo legati a un periodo in cui la florida e ricca “civitas” conobbe uno sviluppo straordinario, sfruttando al meglio la sua preminente posizione sulla via Francigena, quel “cammino di Dio” che consentiva ai pellegrini medievali di partire da Canterbury e arrivare a Roma per pregare sulla tomba di San Pietro.

Faperdue srotola l’epos del capoluogo con ritmo. Ed ecco allora sfilare i nove papi del XIII secolo: Alessandro IV, Urbano IV, Clemente IV, Gregorio X, Innocento V, Adriano V, Giovanni XXI (unico pontefice portoghese della storia della Chiesa), Niccolò III, Martino IV. E poi la guerra con la vicina Ferento, rasa al suolo nel 1172. E poi l’elevazione a sede episcopale nel 1192. E poi i conclavi, a cominciare da quello mitico che durò 33 mesi e costrinse i viterbesi a scoperchiare il tetto del palazzo nel 1270. E poi Raniero Gatti, Santa Rosa, Corradino di Svevia etc. etc.

Nel suo racconto Faperdue intreccia la macro con la microstoria, miscelando con scioltezza le fonti di sicura sostanza storiografica e le curiosità, gli aneddoti che si sono stratificati nelle narrazioni dei più avvertiti localisti, “dando così luogo – il giudizio è ancora di Cortonesi – a numerosi percorsi e quadri tematici il cui comporsi un itinerario coerente, agevola, anche per i non addetti ai lavori, la comprensione del secolo che, secondo lo storico Norbert Kamp, fu il tempo della prima e unica grandezza di Viterbo, il periodo in cui si formò il suo aspetto interno ed esterno”.

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23   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Ora Viterbo è caput Filippo Rossi da Trieste. Che disgusto!

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