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S. Rosa e l’Unesco: più responsabilità

La Macchina di S. Rosa

La Macchina di S. Rosa

L’inserimento  del Trasporto della Macchina di Santa Rosa, insieme con le  altre tre grandi celebrazioni processionali con strutture portate a spalla  di Nola, Palmi e Sassari, nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità deve essere vissuto dalla città di Viterbo con un sentimento di  legittimo orgoglio ma anche con la consapevolezza di un’accresciuta responsabilità che richiede un rinnovato, fattivo  impegno di tutta la sua cittadinanza.

Il riconoscimento dell’ UNESCO è ritenuto comunemente un suggello prestigioso, che testimonia il valore universale di un patrimonio culturale (materiale o immateriale) che una comunità sente come fondante della propria identità. La visibilità che il “brand”  UNESCO consente può fornire un notevole sostegno alle politiche di salvaguardia e di valorizzazione e con esse alle opportunità di sviluppo del territorio di riferimento (anche se è sbagliato illudersi che esistano ricadute automatiche dal punto di vista turistico ed economico).

La soddisfazione espressa da tutta la comunità viterbese è poi ampiamente giustificata per una serie di altri motivi.

In primo luogo perché – sembrerà incredibile – una terra come la Tuscia è presente nelle Liste del patrimonio (in questo caso materiale) dell’ UNESCO con un unico sito (in condivisione): le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia.

In secondo luogo perché finora erano soltanto quattro gli elementi del patrimonio immateriale italiano che avevano ottenuto l’inserimento nella Lista: l’Opera dei Pupi siciliani, il Canto a tenore della cultura pastorale sarda, la Dieta mediterranea e, nel 2012,   l’Artigianato tradizionale del violino di Cremona, a riprova di una procedura complessa e impegnativa.

Infine perché la decisione del Comitato intergovernativo va a premiare un’idea innovativa: quella  di candidare una Rete di “elementi” culturali che presentano caratteristiche analoghe e che nel comune progetto di valorizzazione esprimono un impegno alla reciproca conoscenza, al dialogo e alla cooperazione.

La  candidatura della Rete delle macchine a spalle è un’interpretazione di questo prestigioso  strumento di visibilità e salvaguardia che è la Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità perfettamente in sintonia con lo spirito e le finalità della Convenzione UNESCO del 2003, che la istituisce nella forma attuale.

La Convenzione, infatti, nel definire il patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, “costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi” ne sottolinea la capacità di dare “un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”  e si propone di tenerne conto “unicamente nella misura in cui esso è compatibile con gli strumenti esistenti in materia di diritti umani e con le esigenze di rispetto reciproco fra comunità, gruppi e individui nonché di sviluppo sostenibile”.

Non si deve infatti mai dimenticare che la fondamentale missione dell’ UNESCO  è la costruzione della pace e che questa organizzazione – come si  legge nel Preambolo del suo Atto costitutivo  –  si propone di contribuirvi “favorendo,  mediante l’educazione, la scienza e la cultura,  la collaborazione fra nazioni, al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione».

E’ ad interpretare, salvaguardare e promuovere questi valori che Viterbo deve sentirsi con più forza impegnata, oggi che il suo originale patrimonio di cultura e spiritualità viene riconosciuto un bene universale.

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