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Sacripanti raddoppia: allenatore e giocatore

La storica immagine di Tullio Sacripanti e figlioletto per la promozione della Libertas

La storica immagine di Tullio Sacripanti e figlioletto per la promozione della Libertas

Calzoncini giallorossi. Vocione d’ordinanza, con spiccato accento romano, anzi romanesco. Fiatone mentre corre di qua e di là nel freddo della palestra del Murialdo. A quarantotto anni Tullio Sacripanti ha ancora qualcosa da dare al basket viterbese. Lui, che ne ha scritto ampie e gloriose pagine, è tornato in pista, con un doppio ruolo che è tutto un programma: allenatore e giocatore della Pallacanestro Belloni, squadra all’esordio assoluto nel campionato di Promozione e che si è appena separata consensualmente dal coach originario, Cesare Ferri. Ma i programmi di coach Tullio, come scopriremo andando avanti, guardano ancora più lontano, addirittura al di là dell’Oceano.
Prima però vale la pena ricordare chi è Tullio Sacripanti. Pivot cresciuto nella grande Virtus Roma del “vate” Valerio Bianchini, approdato a Viterbo, alla Libertas, come primo colpo milionario della gestione Sda, è stato uno di quei magnifici dieci che condussero i gialloblu allo storico traguardo della B d’Eccellenza. C’è una foto che fa parte dei canestri viterbesi almeno come quel volo di Linnell Jones: è Tullio giovane padre che, nella festa promozione del PalaMalè, alza al cielo un frugoletto, suo figlio, quasi fosse una coppa umana. Ritornò poi ancora alla Libertas, nell’anno del definitivo tramonto del progetto Colonna, prima di contribuire alla nascita di nuovo miracolo cestistico locale, quello della Stella Azzurra. Poi il ritiro, ed è passato un bel po’ di tempo.
Sacripanti, come sta dopo il rientro sul parquet?
“Dolorante, molto dolorante. Anzi, sembra che mi sia passato sopra un trattore. Ero fermo da due anni e mezzo, e la carta d’identità dice quarantotto, ormai. Mica sono più quello che zompava qua e là nella Virtus Roma dei primi anni Ottanta…”
Eppure ha accettato la proposta della Belloni.
“Non potevo dire di no. Ho giocato con quasi tutti i ragazzi del roster. Sono venuti a casa mia, mi hanno detto che serve uno come me, ‘uno di carisma, uno che fa spogliatoio’, hanno precisato. A quel punto ero con le spalle al muro…”
E ha detto sì.
“Intendiamoci: non è mica una rivincita verso qualcuno o qualcosa. Sarò pure il solito guascone, l’amico di tutti, ma mi piace sempre fare le cose serie. Da giocatore e da allenatore. Va bene divertirsi, ma perdere non piace a nessuno. E giocare in modo dignitoso è anche un dovere nei confronti della gente che ci viene a vedere”.
Sacripanti è diventato responsabile: questa è una notizia.
“Voglio adattarmi nel modo migliore a questo doppio ruolo di allenatore e giocatore. Non è mica facile: pensare di chiamare un time out mentre si sta correndo qua e là. Mah… Sono curioso di vedere come funziona. E il mio ritorno, il fatto che stia tormentando i tendini, i muscoli e tutte le giunture del mio corpo, ha anche un altro significato”.
Vuoti il sacco.
“Vorrei provare ad andare ai Mondiali over 45 della prossima estate in Brasile. Sarebbe davvero una bella esperienza, per uno che a questo sport ha dato tutto. Ma mi hanno detto che per entrare nella Nazionale bisogna essere parecchio allenati”.
Ecco perché è finito alla Belloni.
“Anche altre squadre viterbesi mi avevano chiesto se volevo allenarmi con loro. Un pivot serve sempre, nelle partitelle, anche se vecchietto come me. Ma ripeto: i ragazzi gialloblu hanno insistito in un modo molto affettuoso. E’ un piacere accettare”.
Per arrivare dove, Brasile a parte?
“Intanto pensiamo a rimettere a posto un po’ di cose. Poi proveremo a dare del filo da torcere a Orte, Santa Rosa e Ladispoli, che sembrano essere le avversarie di prima fascia. Già domenica c’è il derby col Santa Rosa: staremo a vedere”.
Sacripanti subito in campo?
“Spero di essere utile più in campo che in panchina”.

E nello spogliatoio, naturalmente.

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