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Sebastiano Del Piombo, evento mancato

mostra del piombo

Nei mesi scorsi a Viterbo, nella Sala Regia del Palazzo dei Priori, si è tenuta l’esposizione straordinaria di due tavole di Sebastiano del Piombo. Poteva diventare un evento culturale importante per la città, ma non è stato così.

Il territorio del Viterbese continua a perdere ogni possibile opportunità di crescita, sociale, culturale ed economica. Sebastiano del Piombo è un pittore del ‘500; nota è la collaborazione con Michelangelo Buonarroti. Antonio Paolucci e Claudio Strinati sono tra i suoi profondi conoscitori ed estimatori. Antonio Paolucci in una intervista del 2011 al settimanale Sette del Corriere della Sera definì “La Pietà” di del Piombo “uno dei quadri più belli al mondo, un notturno shakespeariano su tavola”. Claudio Strinati nel 2008 a Roma a Palazzo Venezia organizzò una mostra monografica sulle sue opere; su Rai5 nell’autunno scorso nella trasmissione “Roma. La storia dell’arte” parlò di alcune sue opere che si trovano a Roma, a S. Pietro in Montorio e a S. Maria del Popolo (in quella chiesa è sepolto).

Quindi le premesse c’erano in abbondanza per trasformare in un evento culturale, almeno di portata nazionale, l’esposizione straordinaria delle due tavole “La Pietà” e “La Flagellazione”.

Per i non viterbesi va detto che la sede naturale delle tavole è la pinacoteca del Museo Civico di Viterbo, ancora chiuso per lavori di ristrutturazione. Recentemente Filippo Rossi, presidente del consiglio comunale viterbese, su alcuni media locali ha puntato il dito sulla mancanza di investimenti pubblicitari adeguati per l’esposizione. Un errore, non l’unico, che ha relegato la promozione di questa esposizione in un ambito poco più che provinciale.

L’amministrazione comunale ha fatto proprio il ragionamento tipico del cosiddetto uomo della strada: “in tempi di crisi non si possono spendere soldi per la pubblicità”. Senza voler scomodare Philip Kotler, uno dei padri dei moderni studi sul marketing, autore del monumentale “Marketing management”, va ricordato che molti studiosi affermano che gli investimenti pubblicitari debbano essere anticiclici per definizione.

Ovvero, detto in parole povere, si fa ancora di più pubblicità proprio perché c’è crisi. Viterbo e il suo territorio hanno un maledettissimo bisogno di farsi conoscere dal grande pubblico dei circuiti turistici principali. Sono ricchissime di bellezze naturali, paesaggistiche, storiche, artistiche, architettoniche, archeologiche, ma pochi le conoscono.

L’esposizione straordinaria di due tavole di Sebastiano del Piombo doveva diventare un grande evento; non ci si doveva accontentare della presenza di Vittorio Sgarbi all’inaugurazione. Le associazioni territoriali di categoria degli albergatori, dei pubblici esercenti, dei ristoratori andavano incoraggiate e motivate, magari con la creazione di un pacchetto di sconti e di bonus per i visitatori della mostra attraverso l’esibizione del biglietto della mostra, seppur gratuito, agli esercenti stessi.

Sul piano culturale si poteva creare una sponsorizzazione con un canale tv tematico, come Rai5 o con una rivista del settore artistico. Gli stessi Paolucci e Strinati, magari insieme a Sgarbi, avrebbero potuto firmare una presentazione, diciamo un mini-catalogo, delle opere esposte. Insomma, con i tempi giusti e con maggiori risorse, non soltanto economiche, si sarebbero potute fare tante altre cose che non sono state fatte.

Si è preferito tenere il consueto basso profilo, forse retaggio del vecchio clima, mai tramontato, degli anni ’50 e ’60 del notabilato locale, agrario-democristiano, che ha sempre preferito mantenere lo status-quo e tenere nell’isolamento la provincia di Viterbo. Anche la penuria cronica di valide infrastrutture viarie e ferroviarie di collegamento ne è la riprova. Peccato, un’altra occasione di crescita buttata al vento.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    E meno male che in uno degli scranni più alti di Palazzo dei Priori abbiamo il vate della kultura kaffeinizzata Philip Red from Trieste, che si accorto appena tre mesi dopo che la mostra era una mezza ciofeca. Il classico fulmine di guerra.

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