28032024Headline:

Talete, anatomia di un disastro

iniziativa acqua pdOtto pagine e mezzo di relazione, firmata dall’ingegnere Paolo Piciucchi, membro del Cda di Talete in quota Partito democratico. Otto pagine e mezzo da cui emerge un ritratto pesantissimo della società – la Talete appunto – che ha in mano la gestione dell’acqua nella Tuscia. E che ora dovrà essere riconvertita (probabilmente in un consorzio pubblico tra i comuni) per beneficiare della nuova legge regionale sull’acqua pubblica. La relazione è stata fornita ai partecipanti all’incontro del Partito democratico ieri mattina all’incubatore culturale di Valle Faul: appoggiata su ogni sedia prima dell’inizio, è stata poi ritirata “perché contiene degli errori”, almeno così hanno spiegato. Ma l’ingegnere poi ha letto tutto il testo nel corso del suo intervento.
La Talete sta male, molto male, e lo si capisce già dalle prime righe del report di Piciucchi: “Dopo essere entrato in Talete nella seconda metà del 2013 – scrive il professionista – ho iniziato ad approfondire le tematiche relative alla situazione economica e finanziaria, che dai primi colloqui informali era definita relativamente tranquilla. In realtà ho potuto appurare che la società presentava numerose criticità, alcune remote ed altre più recenti”.
Intanto, le tariffe: “Via via rivisitate e incrementate, di fatto non hanno mai coperto interamente i costi sostenuti della società. Per giustificare questa mancata copertura si faceva riferimento al cosiddetto Ato debole, attraverso il cui riconoscimento la Regione si sarebbe dovuta assumere l’onere economico dello sbilancio. La Regione – precisa Piciucchi – anche per incentivare l’ingresso in Talete di numerosi Comuni che ancora non vi erano entrati, ha effettivamente erogato tre milioni di euro per il 2010, un milione e mezzo di euro per il 2011 ma poi ha interrotti tali flussi”. Insomma, anche dalla Capitale capiscono che non valeva la pena sborsare tanti soldi per una società sempre in perdita.
C’è poi la diffidenza dei Comuni della Tuscia nei confronti della Talete e della sua effettiva utilità operativa. Un atteggiamento non inedito anche nelle cronache dei giornali degli ultimi anni: “Nell’atto di trasferimento del servizio dei Comuni a Talete era previsto che i primi si assumessero l’onere di acquisire un finanziamento per consentire a Talete di realizzare i lavori di messa a norma e funzionamento degli impianti in gestione. Ma nessun Comune ha assunto alcun finanziamento e Talete allora è stata costretta a finanziare direttamente quei lavori, esponendosi finanziariamente e andando a compromettere pesantemente il suo bilancio”.
Niente liquidità, insomma, visto che la tariffa non riusciva a coprire le spese. E allora via coi debiti: “Si è fatto ricorso al debito nei confronti dei fornitori, soprattutto quelli energetici, che hanno fatto da banca a Talete. Con Enel, Acea, Electrabel, Edison ed Hera si è giunti ad un’esposizione complessiva di 13.5 milioni di euro”. Un sacco di bollette non pagate, insomma.
Ma chi di bollette ferisce, di bollette perisce. E infatti un altro grande problema di Talete è la morosità dei suoi clienti, i cittadini viterbesi: “La morosità – osserva Piciucchi – è in parte fisiologica in società del genere, ma in parte anche patologica, dovuta alla mancanza di azioni di contrasto. Ancora oggi Talete non dispone di efficienti servizi informatici (nonostante abbia speso nel corso degli anni centinaia di migliaia di euro per questi servizi) per conoscere in tempo reale l’utenza morosa, come per esempio fa l’Enel. In Talete l’utente moroso è perseguito nella migliore delle ipotesi l’anno successivo a quello della riscossione, solo se Talete ha i dati anagrafici aggiornati del trasgressore, altrimenti i tempi si possono anche allungare”. E la morosità è schizzata alle stelle con lo scandalo dell’arsenico: secondo Piciucchi oltre del 20 per cento dal 2012, con mancati incassi di 5 milioni di euro su un fatturato di 22 milioni. Dal 2007 ad oggi oltre dieci milioni di mancati incassi.
Questo il quadro della situazione. Che porterebbe una qualsiasi società privata in queste condizioni al fallimento immediato (e sacrosanto). E infatti Piciucchi scrive: “Continuando così si sarebbe arrivati al fallimento. Ho chiesto che fosse convocata l’assemblea dei soci per informarli della grave situazione e per cercare una soluzione per riportare il bilancio nella normalità. L’assemblea, svoltasi ad ottobre del 2013, non è stata di grande conforto, visto che i Comuni non hanno le risorse per risanare i debiti. Si è però incaricato il Cda di aggiornare la situazione di crediti e debiti e accertare l’esigibilità dei crediti nei confronti degli utenti. Sono stati anche attivati gli incontri coi Comuni per i mutui trasferiti a Talete. Alcuni amministrazioni hanno pienamente collaborato, altri sono stati poco o niente collaborativi”.
Speranze di salvezza? Secondo la relazione di Piciucchi poche: “A mio avviso recuperare le perdite per morosità è un’impresa ardua e sulla quale si può ottimisticamente sperare in un recupero non superiore al 50 per cento, pari a 5 o 6 milioni di euro”. A fronte di una situazione debitoria gravissima, che chiude l’analisi di Piciucchi, prima della parte propositiva: “Ad oggi il debito verso i Comuni, dopo i conguagli, ammonta a circa 5.5 milioni di euro, il debito verso i fornitori energetici è complessivamente di 13.5 milioni, il debito verso fornitori energetici a 4.5 milioni”. Totale: 23.5 milioni di euro. Chissà chi dovrà pagarli, prima o poi.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Chi pagherà? Ma noi cittadini, che domande!

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