16042024Headline:

Tuscia in jazz (finalmente) nel capoluogo

L'art director Italo Leali

L’art director Italo Leali

C’è chi ci schiaffa sopra il capocollo. Chi la preferisce dolce, accompagnata con la cioccolata dell’uovo. Chi la inzuppa nel latte. Chi la manda giù a secco. E poi c’è chi la mangerà col solo soffritto musicale. Quello del Tuscia in jazz, che sulla pizza di Pasqua spalmerà ben 15 (quindici) concerti.

Si parte il 17 di aprile, e si tira avanti fino al 21. Una scorpacciata di note incredibile. Raffinata. Facilissima da digerire. Con l’unica controindicazione che prende il nome di assuefazione. Un pericolo serio, che in molti comunque (a quanto pare) son disposti a correre. A partire dai centoventi studenti (in crescita quotidiana) provenienti da tutta Europa. Chi col flauto traverso, chi con la batteria (meno comoda da trasportare, senza dubbio). Un esercito di praticanti e aficionados che sbarcherà nella città dei Papi al fine di imparare attraverso le mani nobili dei titolari di cattedra. Ma soprattutto che vivrà Viterbo, in uno stage formativo dall’indiscusso sapore turistico culturale.

“Siamo lieti di ospitare la manifestazione jazzistica – apre così il neo assessore alla Cultura del Comune, Tonino Delli Iaconi – finalmente portata nel capoluogo, sia sul fronte spettacoli che sul versante seminari. Ottima anche l’integrazione con le fashion designer delle Belle Arti, che creeranno magliette ad hoc. Un prodotto confezionato perfettamente, e sposato dall’amministrazione, in un’ottica socio economica”. Sono infatti settantamila gli spettatori annui del colosso silenzioso nato a Ronciglione. Quattrocento i ragazzi che vi giungono ogni 365 giorni per affinare la pratica. Numeri incredibili si riscontrano infine sulla carta stampata (anche internazionale) e sui profili social. “Mi sono sempre chiesto perché Orvieto riuscisse a fare cose qua impensabili – ci scherza sopra Mauro Arena, per la Provincia – Bene, ora non mi porrò più questo quesito”. “Sponsorizziamo col sorriso – tocca poi a Mario Brutti, fondazione Carivit – Un supporto non solo materiale, ma anche culturale”.

Cosa bolle in pentola? Tanta roba. Peppe Servillo, Fabrizio Bosso, Roberto Gatto, Enzo Pietropaoli, Javier Girotto, Peter Bernstein, Aaron Goldberg e molto, molto altro. “Puntiamo sul territorio – prende parola la mente, Italo Leali – l’evento si adatta al contesto. Siamo un gruppo di viterbesi col piacere di lavorare su Viterbo”. E i costi? “Con settantamila euro si fa tutto – specifica lo stesso direttore, senza problema alcuno – quindicimila entreranno con gli iscritti, una decina coi biglietti, qualche sponsor, e al Comune abbiamo chiesto solo un settimo del totale”.

Ciliegina sulla torta: molte serate saranno gratuite. Se non bastasse le location volgono lo sguardo al centro storico. Sala Almadiani, San Leonardo, palazzo degli Alessandri, Sala Anselmi, museo della Ceramica.

Buona scorpacciata.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Meglio, molto meglio il buon jazz che la nauseabonda kaffeina.

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