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Com’era bello quel “Messaggero”

Vittorio Emiliani con Sandro Vismara, storico cronista viterbese de "Il Messaggero"

Vittorio Emiliani con Sandro Vismara, storico cronista viterbese de “Il Messaggero”

Sette anni vissuti intensamente. E con tanta passione. Con la volontà di essere punto di riferimento per un Paese alle prese con grandi trasformazioni culturali, seppur macchiate dal piombo dei mitra e delle pistole. E’ il periodo che va dalla fine degli anni ’70 al decennio successivo, segnato sì dal terrorismo rosso e nero – capace di sconvolgere l’Italia e addirittura di mutarne le sorti future – ma anche da una vera e propria rivoluzione culturale, capace di proporre più partecipazione dal basso attraverso movimenti come quello studentesco, quello ambientalista, quello femminista e di arrivare a traguardi che fino a qualche anno prima erano considerati irraggiungibili: dalla legge sull’aborto, alla progressiva chiusura dei manicomi, all’equo canone, al servizio sanitario nazionale.

In quell’Italia viva e intrisa di valori, “Il Messaggero” di Vittorio Emiliani (inviato dal 1974 e poi direttore dal 1980 al 1987) spiccò il volo, proponendosi come artefice di quella rivoluzione culturale in atto. Non solo a Roma, nel Lazio e nel centro Italia, dove era e consolidò fortemente la sua posizione di giornale leader, ma anche nel resto del Paese.

E mercoledì prossimo Vittorio Emiliani sarà ospite del “Salotto delle sei” (Consorzio Biblioteche, in viale Trento) per rivivere quel periodo d’oro attraverso il libro “Cronache di piombo e di passione”, scritto per Donzelli, in cui racconta la sua esperienza e la progressiva trasformazione del giornalone romano in un vero e proprio faro per la società di quell’epoca.

Certo, quelli erano gli anni della spartizione partitica. Della lottizzazione. Non solo della Rai, ma anche della carta stampata. Ed Emiliani fu posto a capo del “Messaggero” per volere del Psi (alla Dc invece, andò “Il Giorno” di Milano). Ma questo non impedì al neo direttore di conquistarsi sul campo quell’indipendenza di pensiero (chissà se oggi sarebbe possibile) basata soprattutto sull’autorevolezza degli argomenti e delle campagne giornalistiche di volta in volta messe in atto, capaci di rinverdire i fasti di quel giornale “laico, democratico e antifascista” nato nel 1974, durante una durissima vertenza sindacale che lo vide protagonista in primissima linea nella battaglia del referendum sul divorzio (storica è rimasta la prima pagina con il “No” a tutto campo il giorno del voto).

Autorevolezza, competenza e tanto fair play furono i jolly di Vittorio Emiliani in quegli anni di “Messaggero”. Che puntò con forza ai diritti dei più deboli e alle passioni civili. Come quella ambientalista. Capace di mobilitare le masse. Storica è rimasta la “ramazzata” in una domenica di primavera: Roma (corsi e ricorsi storici) era sporca in molti suoi angoli, anche quelli più pregiati. Ed ecco allora che “Il Messaggero” propose ai romani una domenica con la scopa in mano per ripulirla dalla sporcizia (anticipando nel tempo anche le ormai classiche campagne di Legambiente). Il sindaco dell’epoca (Nicola Signorello, detto “Pennellone”) non ne fu molto contento, ma la gente rispose alla grande. Il giornale mise a disposizione guanti, scope, rastrelli, pale, sacchetti e carriole e quel giorno oltre 10 mila romani (compresi anche molti vip) si ritrovarono nelle strade e nelle piazze più nobili della Capitale a ramazzare. Qualcosa in quel momento li aveva uniti. E la scintilla di quella passione civica era scoccata grazie al “Messaggero”.

Un giornale, una città, una regione, un pezzo d’Italia. Un direttore e una redazione che per sette anni marciarono compatti con una meravigliosa idea in testa: quella di essere di supporto a una società che aveva voglia di crescere e di discutere. Poi però, quel sogno finì. Ironia della sorte, proprio per volere della politica. Di quella politica che aveva voluto Emiliani alla direzione del “Messaggero”, ma che Emiliani aveva sempre trattato col giusto distacco. L’astro nascente della Dc Ciriaco de Mita decise di prendersi il giornale romano, cedendo “Il Giorno” al Psi. Bettino Craxi e Claudio Martelli acconsentirono. E in una notte Emiliani fu fatto fuori. Senza nessun ringraziamento.

Ma quei sette anni d’oro nessuno potrà cancellarli.

Ps. I lettori mi perdoneranno: forse, nella scrittura, mi sono fatto prendere dal pathos. Però, di quella redazione ne facevo parte anch’io (prima come cronista e poi, grazie proprio a Emiliani, come caposervizio in Cronaca di Roma). Ma posso testimoniare che quel “Messaggero” rimarrà unico nella storia. Perché tutto quello che è venuto dopo riempie solo il cuore di tristezza a chi, come me, ha sempre creduto nei valori e in una professione che deve essere, innanzi tutto, al servizio dei lettori. Oggi è ancora così?

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