28032024Headline:

Caffeina, non solo cultura

Enrico Mentana con Filippo Rossi

Enrico Mentana con Filippo Rossi

Mica si vorrebbe tornare a menarla con quella storia dei non-luoghi, perché la citazione di Marc Augé ha francamente scassato i maroni. E poi, Caffeina non è diventato un non-luogo – no, no – anche se chi l’ha vista crescere anno dopo anno potrebbe anche arrivare a crederlo. Soprattutto nel giorno del battesimo dell’ottava edizione, e non nel tardo pomeriggio, quando l’atmosfera del festival è ancora surreale, tra le luci del giorno che ancora non muore e gli ultimi ritocchi fuori tempo massimo.

No, è la notte che Caffeina mostra e si mostra nella sua vera faccia. La sua essenza. I suoi riti. Perché è allora che alla gente di Caffeina – gli ospiti, i volontari, gli organizzatori, gli standisti, le forze dell’ordine – si miscelano altre tribù. Gli spettatori degli eventi con i giovani della movida. Le coppiette innamorate con le famigliole-uscite-solo-per-prendere-un-gelato. Gli anziani a caccia di fresco. Il papà col figlioletto, mano nella mano, come si usava una volta.

E un fiume di gente che cammina e corre e passa da qui a lì. La cultura è sullo sfondo, e non è detto che si debba per forza fare qualcosa di “culturale”, o assistere ad un evento in particolare. No: c’è lo struscio, c’è il cazzeggio, ci sono gli incontri e i saluti, le chiacchiere e i brindisi, tanti brindisi. C’è pure la varia umanità che se ne approfitta, dagli zingari che hanno abbandonato le abituali postazioni al parcheggio del Sacrario per chiedere “un aiuto, anche solo un euro” , a tutti quelli che incontrano. Ci sono i buttadentro, che invitano a vedere questo o quello con un’insistenza che forse soltanto in qualche bordello tailandese. C’è chi dà opuscoli e chi palloncini. Chi suona, chi balla. Locali sconosciuti si aprono laddove prima non c’era nulla: temporary store, li chiamano, e la caducità è vera, perché quando tutto sarà finito il centro storico tornerà ad essere poco accogliente, poco invitante, per aprirci qualsiasi attività. C’è la libreria in piazza San Carluccio, con volumi accatastati come grattacieli. C’è lo Slow food village a piazza del Comune: dicevano che fosse brutto, ma evidentemente non avevano assaggiato la pizza con la mortazza. C’è Mentana che passa e saluta.

Mentana si ristora

Mentana si ristora

C’è talmente tanta roba a creare questa sensazione del non-luogo, della Riviera Romagnola, che quasi si dimentica la potenza delle tre cose: Caffeina è insieme cultura (la causa prima che genera tutto ciò), la gente, e la città intorno. Unica. Sarebbe sbagliato pensare – anche se la tentazione è forte – che la Viterbo antica non sia più in grado di contenere questa creatura così grande, una marea montante. Così come sarebbe ingeneroso pensare che i viterbesi, con il loro conservatorismo orgoglioso e sciocco, non si meritino più uno spettacolo del genere. Tutti ne parlano male – durante l’anno – e poi tutti ci vanno, anche solo per continuare a sparlare, anche solo per non sentirsi così soli al bar sotto casa. E’ il gioco delle parti, che soltanto una cosa così grande può generare in una realtà così piccola. Al di là dei giudizi di merito, che lasciano il tempo che trovano, questa in fondo è la vera rivoluzione. Ed è passato soltanto un giorno.

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