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Camere di commercio, riforma autogestita

Giulio Marini

Giulio Marini

C’era anche Giulio Marini, all’incontro romano dello scorso 14 luglio sul futuro delle Camere di commercio. L’ex sindaco di Viterbo è stato invitato con ottime ragioni: ex deputato ed ex senatore esperto del settore e, coincidenza, anche dipendente della Camera viterbese. C’erano i vertici camerali del Lazio, presidenti e vicepresidenti delle commissioni parlamentari, e deputati di molti partiti.

La questione è semplice: di fronte alla riforma del Governo, che intende tagliare il 50 per cento del diritto annuo verso alle Camere dalle imprese (con relative, pesantissime, ripercussioni) le stesse Camere hanno deciso di riorganizzarsi, andando incontro alla necessità di tagliare, ma scegliendo forme meno drastiche di quelle proposte da palazzo Chigi. “La riforma è stata giudicata rivedibile anche dalla stessa maggioranza parlamentare – spiega Marini – e il messaggio di autoregolamentazione, regione per regione, sta incontrando molti consensi. In Piemonte e in Emilia già hanno provveduto, nel Lazio l’idea di passare dalle attuali cinque Camere di commercio (una per provincia) a due sole (una per Roma capitale, l’altra per l’area vasta, ndr) è a buon punto. L’intenzione è quella di andare a incidere il meno possibile sulle imprese, di non effettuare tagli indiscriminati. Piuttosto, si possono ridurre i costi mantenendo quei servizi altamente qualificati destinati alle aziende, e quel bagaglio di conoscenza e di esperienza, che da sempre sono la forza delle Camere di commercio. Insomma: dare una risposta concreta alle esigenze delle imprese e allo stesso tempo a quelle dello Stato. Questo è il messaggio che il settore camerale ha voluto dare alla politica, e che la politica sembra voler giustamente recepire”. Dunque la modifica del decreto di riforma, sulla spinta di questo gesto di responsabilità che viene dalle varie realtà camerali italiane, è possibile. Anche perché a fronte del taglio del cinquanta per cento dei diritti annui, lo Stato si dovrebbe comunque occupare – e preoccupare – dei settemila dipendenti italiani di questi enti, coi relativi costi. Sarebbe davvero così conveniente, in termi economici?

Ciò non toglie che nel Lazio si passerà dalle attuali cinque Camere a due. Non è che a questo punto la campagna elettorale in corso a Viterbo per il rinnovo dei vertici di via Fratelli Rosselli rischi di essere una sfida inutile? Non è che la volata finale tra i candidati presidenti Domenico Merlani e Mauro Barlozzini assegni soltanto una poltrona vuota? Giulio Marini è convinto di no: “Invece è importante, soprattutto in prospettiva della riforma regionale – dice – La Tuscia si troverà in mezzo ad un gioco di equilibri con le altre quattro province, e non può permettersi il rischio di presentarsi come l’anello debole. Il rinnovo dei vertici, ora, è strategicamente fondamentale per le politiche territoriali future”.

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