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Ecco i furbetti delle lista d’attesa

tacSi potrebbe dire malignamente che ha scoperto l’acqua calda. Nel senso che ciò che Mauro Evangelisti (acuto cronista del Messaggero, che per diversi anni ha lavorato a Viterbo) ha portato alla luce col suo servizio sui mali della sanità laziale era, se non risaputo, facilmente immaginabile.

In realtà il giornalista forlivese ha messo alla berlina due aspetti fondamentali del problema salute nella Capitale e nel resto della regione. Il primo: che le liste d’attesa sono infinite. Il secondo, molto più importante: che esiste tanta carenza di trasparenza, giacché c’è chi è costretto ad aspettare le calende greche e chi, invece, mette la freccia e sorpassa (anche in curva), non si sa bene in base a quale santo in paradiso.

Evangelisti fa riferimento al dossier 2014 messo a punto dalla Regione, dove si può leggere: “Ecocolordoppler distrettuale arterioso o venoso e risonanza magnetica del cervello e della colonna dorsale superano i 180 giorni presso tutte le aziende sanitarie locali; 4 aziende superano i 180 giorni per i tempi di attesa previsti per l’erogazione di Tac; 7 aziende li superano per i tempi di attesa previsti per l’ecografia della mammella; 3 aziende li superano per i tempi di attesa previsti per l’erogazione delle risonanza magnetiche”.

Poi viene il meglio: “Si scopre – scrive Evangelisti – che le prestazioni che passano dal canale di prenotazione del call center del Recup sono una minoranza. Per capire, tra le prestazioni specialistiche ambulatoriali solo il 14,8 per cento. Il resto? Il 23,2 per cento delle prenotazioni viene eseguito agli sportelli delle Asl, ma la grande maggioranza – il 62 per cento – passa da un canale anomalo, perché risultano prenotate lo stesso giorno, un elemento che secondo gli esperti denota scarsa trasparenza. Tanto è vero che se si prendono in considerazione un’altra serie di prestazioni che sono tenute sotto controllo dal monitoraggio del Ministero della Salute ecco che la percentuale delle prenotazioni anomale “a vista” crolla, scende al 30 per cento (un’interpretazione maliziosa potrebbe indurre a ritenere che le aziende abbiano una più acuta percezione dei tempi di attesa delle prestazioni critiche, essendo questi tempi sottoposti anche al monitoraggio ministeriale). Altro dato: tra il 2013 e il 2014 l’incremento di prestazioni prenotate tramite il call center del ReCup ha avuto un aumento inconsistente. E questo è ovviamente un elemento negativo”.

Capito? Insomma, anche tra chi sta male ecco che rispuntano i furbetti. Che sono però – va sottolineato – la conseguenza di un sistema che non funziona. E che viene risolto all’italiana. Chi può, s’arrangia (e chi se lo può permettere – si può aggiungere – paga, rivolgendosi alle strutture private).

Sembra comunque che la Regione stia mettendo a punto un piano anti-liste di attesa. “Prima di tutto – è ancora Evangelisti che scrive – il ReCup dovrà avere il controllo di almeno il 60 per cento delle prestazioni erogate. Non solo: l’altro grande buco nero è quello delle strutture sanitarie private accreditate. Il piano prevede che mettano a disposizione almeno il 30 per cento delle prestazioni prenotabili, soprattutto quelle classificate come critiche. Gradualmente, anche per i privati almeno il 60 per cento delle prenotazioni dovrà passare dal call center del ReCup entro l’inizio del 2015”.

Ma i problemi non mancano. “Il call center già oggi non riesce a servire tutti gli utenti che compongono il numero per prenotare un esame o una visita medica, visto che i non serviti sono il 17 per cento, con picchi del 20, di fatto una chiamata su cinque non va a buon fine. Per questo andrà acquisita una nuova piattaforma tecnologica, un nuovo software, che consenta di trattare tutte le richieste con quattro classi di priorità (oggi sono tre). Infine, c’è un altro strumento che in Regione vogliono utilizzare per alleggerire le liste di attesa: una maggiore responsabilizzazione dei medici di famiglia. Il piano infatti chiede a chi firma la prescrizione di una visita specialistica o di un esame di definire motivazioni e la classe di priorità. Ecco, si farà pressione sui medici perché inseriscano puntualmente questi dati, proprio perché ci dovrà essere molta più attenzione sulla appropriatezza di quanto viene richiesto: detto in altri termini, si vuole contrastare un eccesso di richieste di visite ed esami e comunque calibrarne l’urgenza. Si lavorerà anche per una maggiore diffusione della prescrizione elettronica”.

Fin qui l’articolo di Evangelisti. Domanda: la Regione riuscirà a invertire la rotta? L’unica cosa che si può dire è che la strada è perigliosa, in salita, e piena di buche. Giacché servirebbe un cambio di mentalità. Da parte dei politici, dei medici, e perché no, anche degli assistiti.

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