28032024Headline:

Articolo 18: l’esercito fioroniano è con Renzi

Beppe Fioroni

Beppe Fioroni

Nella caccia un po’ pettegola a chi ha votato cosa, all’indomani della tormantata direzione del Pd sull’abolizione dell’articolo 18, viene da chiedersi quale sia stata la scelta di Giuseppe Fioroni. E non per semplice voyerismo, né per ficcanasare nei gustibus del più famoso e ingombrante parlamentare viterbese: il voto, si sa, è libero, segreto e inalienabile. Eppure dalla notizia si potrebbero capire tante cose sia sull’orientamento del nostro, sia magari sui movimenti futuri nel magma democratico.

“Ho votato a favore”, fa sapere via sms l’ex ministro. Che aggiunge: “È la stessa proposta avanzata dalla Margherita nel 2003, e ci vedo dentro tanta Cisl”. E sono due riferimenti mica buttati lá a caso, un pacchetto preconfezionato da dare in pasto alle agenzie e ai cronisti, la versione ufficiale da recitare anche per evitare malintesi. D’altronde, Margherita e Cisl sono i due vecchi amori di Fioroni, secondi – nel suo pantheon – soltanto a sua maestá la Balena bianca. La Margherita, vale a dire il partito dove Fioroni è diventato grande, anzi grandissimo, fino ad approdare ad una poltrona ministeriale; la Margherita, cofondatrice orgogliosa del Partito democratico. E poi, naturalmente, la Cisl, il grande sindacato cattolico, mica ottuso e barricadero come la Cgil, ma sempre pronto al dialogo e al buonsenso nel nome dello sviluppo del Paese e dei diritti dei lavoratori; quella Cisl guidata a lungo da Franco Marini, il lupo marsicano che di Fioroni è stato il padrino, e l’artefice di buona parte delle sue fortune.

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Margherita e Cisl, dunque: due ottime ragioni di facciata per dire sì all’abolizione dell’articolo 18, un altro voto che si aggiunge ai 129 favorevoli che hanno portato la direzione del Pd ad approvare con l’80 per cento dei consensi il provvedimento da portare presto in Parlamento.

Il problema è che all’interno del partito ci sono stati anche i contrari (20 voti) e gli astenuti (11), tutti da ricercare tra le file civatiane e degli EX Ds, i trinariciuti in zona D’Alema E Bersani, per capirci. Che per ora si limitano a starnazzare, ma che, dopo essere stati “asfaltati” da Renzi (parole sue) hanno il destino segnato. O restare nel partito allineandosi al segretario, o restandoci rassegnandosi a contare meno di zero, oppure varare l’ennesima scissione a sinistra della politica italiana. Cavoli loro, verrebbe da dire. E invece no.

Perché in ognuno di questi tre scenari, il ruolo di Fioroni all’interno della baracca potrebbe raddoppiare magicamente la sua influenza. Della serie: Renzi si copre al centro per non preoccuparsi troppo dei casini alla sua sinistra, e per consolidare e perpetuare la sua influenza nei secoli dei secoli. Un asse cosi – col sostegno pure dei Giovani turchi, arruolati sempre prima del voto anche se non si sa in cambio di cosa – renderebbe l’attuale conformazione del Pd inattaccabile o quasi da scalate ostili o da agguati. E fare rientrare alla grande in gioco (semmai ne fosse uscito) anche Fioroni. Non solo dentro il partito, ma anche su altri tavoli. Vedi alla voce “rimpasto”.

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