29032024Headline:

Tramezzini & illusioni, 21 anni fa al Buratti

Il liceo Mariano Buratti

Il liceo Mariano Buratti

Vent’anni dopo, della ribellione resta soltanto il sapore di quei tramezzini. Erano unici perché diversi, ordinati da un altro fornitore rispetto a quello che di solito serviva la scuola, insieme alla pizza e alle merendine. Fu il primo – o forse l’unico – gesto di rottura di quell’occupazione del 1993 al liceo classico Mariano Buratti. “Le colazioni le sceglieremo altrove, perché quelle attuali nun se ponno magna‘”, dissero i leader (cioé, i lider) della sommossa, durante la prima assemblea programmatica nella vecchia palestra, e dagli applausi che ricevettero per questo punto chiave del loro programma rivoluzionario, si capì che sarebbe stato un successo. D’altronde, quando si parla di cibarie, in Italia siamo tutti d’un sentimento, anzi d’un appetito.

Eppure, le intenzioni di quella rivolta (comunque civile, comunque relativamente poco politicizzata rispetto alle successive, contro Letizia Moratti, contro Berlinguer, contro la Gelmini) sembravano ottime. Ministro Rosa Russo Iervolino, che già per la voce dava sui nervi, figuriamoci per i contenuti, gli ultimi scampoli della prima Repubblica, Tangentopoli e la professoressa d’italiano che quotidianamente aggiornava gli studenti sugli avvisi di garanzia (“63 per Citaristi, 40 per De Lorenzo, seguono ad un’incollatura Andreotti e Craxi…”). Un bel clima, non c’è che dire, anche se ogni riferimento all’attualità, agli scandali tangentari romani, e appunto alle occupazioni delle scuole viterbesi di questi giorni, dev’essere considerato come puramente casuale.

Si occupò, comunque, dopo democraticissimo plebiscito per alzata di mano e successivo corteo interno stile Mirafiori, destinazione finale la presidenza. Dove il preside di allora, il professor Dante Sbarra, non poté far altro che prendere atto dell’alzamiento dei suoi alunni senza opporre resistenza. Se non quella, molto pannelliana, di ricominciare a fumare nonostante stesse provando a smettere.

Antiche occupazioni al Buratti

Antiche occupazioni al Buratti

Che giorni, quelli vissuti nell’illusione della libertà e del possesso di una cosa pubblica. I corsi alternativi al latino e al greco, tutti molto ambiziosi nei propositi (Educazione sessuale, cinema, storia della musica…) eppure così poco frequentati. Meglio starsene a fumare, meglio imboscarsi nel servizio d’ordine (dove poter sottomettere i ginnasiali più fragili), meglio provare a scrivere qualche striscione minaccioso, meglio persino andare a infoltire le fila del servizio pulizie, che funzionava sicuramente peggio di una qualsiasi bidella di Carbognano (la grande Costanza, per dirne una).

Due settimane di ferie, ecco cosa fu quell’esperienza. A scoprire i protagonisti che poi oggi hanno fatto strada, dall’assessore Barelli al presidente di Caffeina Pepponi, dal direttore di Unindustria Delli Iaconi al giornalista Camilli fino agli avvocati De Santis e Picchiarelli e a tanti altri dispersi nei rivoli della nomenclatura dello Stato borghese, se si può amcora dire borghese. E ancora, a provare a mettere in pratica gli insegnamenti della lotta studentesca romana, troppo grande (ma a volte troppo tentacolare) per essere replicata, scimmiottata, nella tranquilla città di provincia: loro muovevano migliaia di persone nei cortei politici e sindacali, qui al massimo in poche centinaia si tentò un assalto – seppur morbido – alla vecchia sede del Partito socialista in via Matteotti.

Finì con qualche maglietta di Che Guevara o forse di Roberto Baggio, le note di The Wall (già vecchiotta per l’epoca) sullo sfondo e le vacanze di Natale guadagnate con merito. In bocca, quel sapore di tramezzini buoni e nessuna voglia – ancora per un po’ – di cercarsi un lavoro in banca. Così muore una rivoluzione, signora mia.

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1 Commento

  1. Adriano Charlie ha detto:

    Ricordi molto lontani, ITIS okkupato, dove si viveva tra il terrore dei “regazzini” del biennio che non sapevano cosa fare tra le sberle dei genitori se non entravano e noi quelli “granni” del quinto che li tenevano sotto scacco, tra una canna un panino dei fratelli del Bar Dei che ci venivano a foraggiare e le urla della “povera” preside Faina durante le assemblee che ci intimava l’arrivo della Digos (che alla fine arrivò) . Si facevano lezioni autogestite con i prof simpatici, con quelli che avevano voglia di raccontare i loro tempi e ci davamo da fare chi più e chi meno a rimettere in sesto delle aule fatiscenti per l’epoca…. Nella nostra ricordo che ridipingemmo le pareti con un quadro di Escher “I pesci volanti”….

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