20042024Headline:

Acqua all’arsenico? Meglio un Martini

Quando la politica rivendica come "successi" quelli che sono dei doveri civici

Humphrey Bogart beve in una scena di Casablanca

Humphrey Bogart beve in una scena di Casablanca

Anno 1951: il maestro John Huston sta girando La Regina d’Africa, che poi prenderà anche un Oscar. Ad un certo punto, tutta la spedizione hollywodiana si sente male: attori, comparse, troupe, accompagnatori. Colpa dell’acqua locale, infetta di qualche virus o batterio tropicale, maledetto. Narra la leggenda che l’unico a non accusare alcun malore e a non frequentare la tazza del cesso con una certa assiduità sia stato lui, Humphrey Bogart, voto 10 cum laude. E non perché il vecchio Bogey fosse immortale, immune, intoccabile, o almeno non solo per quello. Pare invece che i germi infetti, durante i sei mesi necessari per girare il film nel continente nero, lui non li abbia neanche visti. Perché per sei mesi aveva sempre accuratamente evitato l’acqua locale, bevendo soltanto Martini cocktail (voto 9.5 con vodka, 10 secco con gin) e utilizzando lo stesso nettare persino per l’igiene personale, tipo per lavarsi i denti. Un mito assoluto, che oggi torna buono per raccontare un’altra storia di acque avvelenate, che però si svolge (o si è svolta) proprio qui, nella Tuscia, ai giorni nostri.

Già, l’arsenico. Quella schifezza nociva che abbiamo sempre avuto per ragioni vecchie come il cucco – cioè geologiche, morfologiche, non logiche – e che abbiamo dovuto debellare a forza perché “ce lo ha chiesto l’Europa”, come direbbe una martellante (nel senso che ci martella i cabbasisi a tutte le ore, voto 2) pubblicità “progresso” della Rai. Bene, esaurite le proroghe magnanimamente concesse da Bruxelles, il 31 dicembre bisognava mettersi in regola, ripulire le nostre acque, risciacquare i panni in Arno e rientrare nei valori previsti. La provincia di Viterbo ce l’ha fatta, o almeno così sembra, visto che per quella scadenza (ultimatum?) molti impianti di dearsenificazione sono entrati regolarmente in funzione, e oggi le analisi della Asl sembrerebbero confermare che la missione sia compiuta. Meno male: voto 5.

I fratelli Zingaretti

I fratelli Zingaretti

Resterebbe soltanto da capire tutti i trionfalismi accessori, e inutili. I comunicati stampa dei soliti grafomani momentaneamente prestati ad un posto in consiglio regionale (voto 1), quelli altrettanto verbosi dei partiti e/o le liste civiche di maggioranza relativa, molto relativa. E ancora, le foto di Zingaretti (non l’attore, l’altro: voto 4.5) col caschetto da cantiere, che rimanda al sogno di vedercelo veramente, il Pres della Reg., in cantiere, prima o poi. E poi: le fanfaronate (“Mia moglie già mi fa il caffé con l’acqua del rubinetto”, disse Michelini-Pisciotta a inizio gennaio, voto 2), i sopralluoghi, i peana, le rivendicazioni e le pacche sulle spalle.

Per intenderci: è come se la politica, quella minuscola, sentisse davvero il bisogno di rivendicare come un successo clamoroso un compito che invece le toccherebbe – almeno in un Paese, in una Regione, civile – di diritto, ex lege. Un lavoretto istituzionale, un dovere nei confronti prima di tutto dei cittadini, non degli elettori tanto meno dei tifosi, fatto passare come un capolavoro. E invece no. I dearsenificatori – che, attenzione, non sono mica una soluzione definitiva né economica – vengono salutati come pietre filosofali, roba che trasforma il piombo in oro, l’acqua in champagne, o forse in Martini. La domanda è: se l’Europa non avesse insistito, minacciato, finanziato, la Regione (di destra, di sinistra, di centro o di tacco) avrebbe risolto comunque la questione arsenico? Certo che no: avrebbe continuato allegramente a far finta di nulla, come ha fatto nei vent’anni precedenti. Il popolo ha sete? Che beva Red bull, e semmai ci facciamo pure una bella campagna promozionale, anche sui social network. Voto 0, e rutto libero.

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