29032024Headline:

Pure a Orvieto e in Toscana è finita la pacchia

Viaggio in Umbria e nel grossetano: "Non ci sono più i turisti di una volta"

Un bar di Sovana, vuoto fuori e dentro...

Un bar di Sovana, vuoto fuori e dentro…

Breve elenco di luoghi comuni che a Viterbo, dall’alba dei tempi, riempiono la bocca di molti e le strade di tutti. “Qui i turisti non ci verranno mai”. “A Orvieto sono meglio, perché sanno come ospitare la gente”. “Per fare i soldi occorre di andare in Toscana”. “Certe botteghe come quelle di San Gimignano non saremo mai in grado di metterle su”. E via discorrendo. Sull’anacronistica scia del più consueto dei bla bla bla.
Tutto vero. Forse. Tutto da guardare con una punta di invidia e con una montagna di tristezza, magari. Tutto documentabile, perché no. E tutto, stando ad un giro sul campo fatto da Viterbopost, condivisibile. Fino a tre, quattro anni fa, però. Quando “venivano gli olandesi e gli si faceva passare il vino del discount per Brunello”, questa la confessione di un ristoratore malandrino di Poggibonsi.
Oggi invece? Anzi, ieri e il giorno prima? Il tour parte proprio da Orvieto. Parcheggione a pagamento, appena si arriva da Montefiascone, vuoto. Tantissime attività serrate, e definitivamente. Gestori, anche di locali un certo livello, abbastanza preoccupati. “Di europei ne passano un terzo – dice il tipo de “Il mago di Oz”, artigianato e manufatti – russi e americani pare che improvvisamente siano caduti in disgrazia. Gli italiani stanno come stanno. Orientali pochi. Se ci aggiungiamo tasse e affitti, son dolori seri”.

...la deliziosa piazzetta di Sovana, deserta...

…la deliziosa piazzetta di Sovana, deserta…

Se c’è però una cosa che tira, ovunque e senza pensar male, è sicuramente il settore alimentare. La pasticceria nota ai più del Corso, alle 15 ha emesso ben 432 scontrini fiscali. Si sta parlando di sabato. E paiono molti. “Un terzo – stempera gli entusiasmi chi conosce i flussi – sì, tre volte meno rispetto al passato. E con quanto si incassa per eventi tipo l’Umbria jazz, al massimo ci si campicchia”.
Male. Si tira così verso la Toscana. Domenica mattina, Sovana. Il deserto dei Tartari a confronto si sarebbe potuto paragonare ad un concerto gratuito degli U2 a Dublino. Non un buco aperto per un pezzo di pizza. Non un souvenir esposto. Sette auto contate nell’intero borgo. Ed un cartello inquietante fuori un negozio che normalmente vende oggetti di legno: sconti. Con la “S” alta. Parola mai utilizzata, e probabilmente anche sconosciuta, nella terra dell’olio che è uguale al viterbese ma costa il doppio. Meglio provare Sorano, allora. Idem. E con patate in aggiunta, come dicono a Washington. Con l’aggravante che di ristoranti ce ne sarebbero anche di più, sulla carta. Peccato che fossero tutti allucchettati.

Sorano, altro scenario da far west

…Sorano, altro scenario da Far West

Ecco. “Sicuramente Viterbo ha perso molto – a parlare è un saggio barman di Pitigliano, sulla via del ritorno – nel senso che gli anni d’oro sono andati, e non verranno più. I turisti ora non cadono dal cielo, un tempo li si mandava via, tanti ce n’erano. Adesso vanno cercati col lanternino. Programmando insieme alle amministrazioni, pubblico e privati, pacchetti intelligenti e lungimiranti. A due passi da qui ci sta Civita di Bagnoregio, lì funzionano le cose, ad esempio”.
Già, la città che muore. Coi suoi 400mila visitatori (paganti almeno la metà) nel solo 2014. Provenienza? Tutto il mondo, ok. Ma con un aumento di cinesi e giapponesi vertiginoso. D’altronde non è una novità. Gira chi tiene soldi. E occorre di saperlo accontentare. Punto. E i luoghi, anche quelli comuni, sono in decadenza se non si riesce a riempirli.

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