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Renan Pippi, l’arma micidiale della Viterbese

Il brasiliano decisivo anche ad Olbia: i gialloblu restano in corsa

Renan Pippi, classe 1984

Renan Pippi, classe 1984

Minuto novantaquattro, il sole è già sceso sullo stadio Nespoli di Olbia e rischia di scendere anche sulla stagione della Viterbese. Perché la Lupa sta vincendo facile la sua partita al di qua del Tirreno e la classifica dice castellani a più otto, prospettive nere. La punizione di Giannone è a metà tra speranza e disperazione, una lettera a Babbo Natale o una candela accesa in chiesa. Finisce sulla barriera, con la palla che resta lì. Un lampo ed è in fondo alla rete, le grida dei giocatori si dividono tra la rabbia dei padroni di casa e la goduria di quelli gialloblu, nel silenzio della tribuna. E’ arrivato Renan Pippi, ha colpito – per l’ottava volta quest’anno – e se n’è andato coi tre punti in tasca.

Che giocatore, questo Pippi. Magari non bellissimo da vedere, magari non sublime nella tecnica, magari non generoso nella corsa, ma letale, e chi lo ha chiamato Cobra ci aveva visto giusto. Un brasiliano atipico, ecco cos’è il centravanti gialloblu, e non è un caso che sia nato nello stato del Rio grande do sul, dove il Brasile sfuma e si confonde tra Argentina e Uruguay, terra gaucha, d’immigrati tedeschi e italiani . A Nova Palma, paese di seimila abitanti nell’entroterra di Porto Alegre: pianure, pascoli e pure un supermercato che si chiama Pippi, e chissà se è roba di famiglia. Per giocare a calcio Pippi si è trasferito nella capitale statale, nello storico Gremio, una delle due squadre di Porto Alegre (l’altra è l’Internacional). Una garanzia, la scuola gremiense, perché ha sfiorato giocatori del calibro di Ronaldinho e Maicon.

A 18 anni Renan arriva in Italia, le terra dei suoi avi. A Chieti, piazza storica della serie C. Ma gioca poco, forse non s’ambienta, anche se è difficile immaginare uno con la sua faccia soffrire di saudade (e poi: chissà se esiste davvero, la saudade). Allora torna verso casa, riattraversando l’Atlantico e arrivando in Uruguay, ai Montevideo Wanderers. E’ un calcio fisico, quello della serie A uruguaiana, magari un po’ lento, ma perfetto per farsi le ossa. Siamo nel 2004, per Pippi è tempo di riprovarci con l’Italia, ancora sull’Adriatico, ancora in serie C: alla Pro Vasto. Poi la svolta, in serie D, col Guidonia delle meraviglie allenato da un giovane tecnico, ambizioso e anche un po’ spavaldo, ma che fa giocare le sue squadre in una maniera meravigliosa. Qui Pippi sfonda a suon di gol (15) e per la prima volta il suo nome viene associato alla Viterbese, specie quando si viene a sapere che sulla panchina della stagione 2006-07 siederà proprio Pochesci. Alla fine però Pippi finisce in Romagna, a Bellaria, dove non dimentica come si fa gol (16), per poi tornare l’anno successivo alla Cisco, la vecchia Lodigiani. Poi ancora una grande piazza, San Benedetto del Tronto, quindi San Giovanni Valdarno (due stagioni) e Sanremo. Ma il ritorno nel Lazio è scritto: Monterotondo e Marino, poi ancora castelli con la Lupa Frascati e poi la Lupa Castelli, l’anno scorso: 27 gol segnati in Eccellenza.

E siamo ad oggi, con la famiglia Camilli che in estate costruisce una rosa formidabile per riportare Viterbo tra i professionisti, e in attacco, insieme al funambolico Saraniti, vuole pure un duro, un implacabile, un “animale” come si dice in gergo. E’ Renan Pippi, otto gol finora e ieri, nella partita più delicata dell’anno, quando il tempo sta per finire e il sole è già andato giù dietro la Gallura, non ha tradito. Obrigado, Renan.

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