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Allenarsi correndo dietro alle galline

Campionato ancora fermo, meglio ripensare ai pionieri che fondarono l'Etrusca

Lo spogliatoio dell'Etrusca

Lo spogliatoio dell’Etrusca

Questo modesto blog è nato col nobile scopo di raccontare le preziosa gesta del campionato di Terza categoria. Partita dopo partita. Episodio dopo episodio. La vita però, riserva sovente sorprese e tranelli. Al punto tale che ad oggi ancora nessuno scontro è stato documentato. In primis perché il sottoscritto, per problemi fisici che normalmente si risolverebbero in quindici giorni, ma che allo stesso non passano ormai da mesi, non è mai riuscito a scendere in campo (direbbe quel politico). Secondo poi perché, nelle rare occasioni in cui si sarebbe potuto, inevitabilmente è accaduto un qualcosa che ha reso impossibile la pratica. Un matrimonio inatteso a cui partecipare. Un amico sceso dal Paese Basco e rimasto per quindici lunghissimi giorni in casa. Una domenica in famiglia. Una gira fuori porta. E via dicendo. Così, anche in codesto numero, l’argomento prefissato è saltato. Poiché il nubifragio settimanale ha reso il campo di Capodimonte una piscina. E l’arbitro sopraggiunto per il match tra Etrusca e un’altra compagine (in riva al lago non è solito chiedere chi si ha di fronte, anche se il calendario dice che era il Bassano in Teverina) ha preferito fischiare tre volte prima ancora di cambiarsi.
Ora, confidando in un futuro roseo, seppur sapendo che di qui in avanti ci saranno altri quindici giorni di lunga pausa, di cosa parlare? Di come è nata l’Etrusca, magari. Che un cenno storico fa sempre bene. Pura cultura. Seppur popolare.
Correva l’anno del Signore 2004 e una combriccola di pallonari passava spesso intere giornate al bar. Troppo fiacca per competere coi compaesano di Prima. Troppo illuminata per gareggiare nei soli tornei estivi o invernali. Quelli raggruppati nella sezione “calcetto”. Che fanno rima con zampate a profusione e bestemmie in egual numero. Così, il diesse Vincenzo Valiserra (tutt’ora in carica, in qualità di granitico tuttofare) decise di tentare il grande salto. “Fondiamo una Terza”, disse. E gli altri continuarono a bere. Nonostante le difficoltà del caso comunque, quali reperire materiale cartaceo, ingaggiare giocatori vari, trovare sponsor e altri dirigenti, in meno di un mese portò sul rettangolo d’erba denominato San Lazzaro ben quaranta persone. Ok, il migliore sapeva appena toccare la sfera. Ma l’entusiasmo e la passione prevalsero. Al punto tale che, al centesimo gol incassato, si festeggiò con prosecco e pasticcini. Il tecnico di allora, per tutti il Bozzoletto, amava mandare i suoi ad allenarsi sul campo. Quello dove teneva maiali e galline, però. Al grido di: “Sono scappati dal recinto stamane, recuperiamoli”. Come l’indimenticabile allenamento di Rocky Balboa, insomma.
E quando era squalificato (spesso) di norma si piazzava sì fuori dal muraglione, ma sopra un carrello elevatore. In modo tale che poteva dispensare consigli dall’alto, come il messia,
Praticamente dieci metri sopra il dischetto di centrocampo.
Finì ultima quell’Etrusca. Ma poco importa. Perché da lì sono nate le fondamenta di un gruppo che ancora regge. E che guarda la crisi ridendo. Perché di soldi non ce ne stanno, e su questo non si discute. Ma di gente disposta ad indossare il giallo e nero ogni santissima stagione se ne trova a palate. Che a Capodimonte si sta bene e chiunque è il benvenuto. Altroché.

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