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La Macchina ad Expo: istruzioni per l’uso

Il viaggio, il montaggio, l'effetto Sgarbi: tutto sulla trasferta milanese

La Madunina (pardòn: Santa Rosa)

La Madunina (pardòn: Santa Rosa)

Portare la Macchina di Santa Rosa a Milano, per l’Expo, è stata soltanto una soluzione di ripiego, perché la prima opzione – quella di organizzare l’Esposizione universale a Viterbo, nella zona artigianale del Poggino – è malauguratamente sfumata per mai chiariti motivi. Poco male: Palazzo dei priori ha reagito con la solita prontezza, ed è riuscito a mettere in piedi una spedizione perfetta sotto ogni punto di vista. Viterbopost è in grado di rivelarvi alcuni dettagli segretissimi dell’operazione del secolo.

Il viaggio. Era il primo ostacolo da affrontare. Come trasportare una struttura di 28 metri, pesante diversi quintali, per oltre cinquecento chilometri e senza mai fermarsi ad un Autogrill? Scartata da subito l’ipotesi aereo (se ne parlerà quando faranno l’aeroporto a Viterbo: pare presto), si è pensato al treno. Già, ma quale treno? Un Frecciarossa o un Italo? Nel dubbio – e visto che la soluzione “carro bestiame”, benché economica, sarebbe apparsa irrispettosa nei confronti della tradizione – il Comune ha preferito optare per il trasporto su gomma. Adesso non resta che trovare un varco Telepass così alto dove far passare la Macchina.

Expo

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Il montaggio. Arrivati a destinazione, ecco il secondo problema: come diavolo si monta una Macchina di Santa Rosa? Nessuno, dei pur ottimi tecnici comunali, è riuscito a leggere tutte le trentamila pagine del manuale delle istruzioni senza finire in comunità. Altri hanno accusato persino difficoltà nel montare la sorpresa dell’ovetto Kinder dei nipotini. Da internet, oltetutto, non è arrivato nessun aiuto: le uniche istruzioni attendibili che si trovano sulla Rete sono quelle per realizzare cinture da kamikaze. Alla fine si è optato per l’unico sistema possibile: il montaggio a puzzle, detto anche “ad minchiam”. Pezzo dopo pezzo, partendo dai bordi, e poco importa se qualche avanzerà qualche tessera. Non se ne accorgerà mai nessuno.

La competizione. Ad Expo sarà esposto il meglio dell’Italia: dai capolavori dell’arte rinascimentale ai miracoli della tecnica fino alla coscia di Alba Parietti. Come far risaltare la Macchina in mezzo a tutto questo bendidio? Scartata a priori l’ipotesi di vestirla con un abitino di Armani – che sì, piace tanto agli americani, ma che cozzerebbe con la tradizione -, si è optato per un curioso espediente: insegnare alla Macchina le prime strofe di O mia bela madunina. Nella speranza che qualche gruppo di cinesi ubriachi la possa confondere col simbolo di Milano e unirsi a cantare il coro per alcuni momenti memorabili.

Sgarbi e Barelli

Sgarbi e Barelli

L’effetto Sgarbi. Dice che sia stato il divino Vittorio ad agevolare l’operazione, in nome dell’amicizia con l’assessore ad Expo Barelli e per omaggiare in modo postumo alcune sue vecchie fiamme viterbesi, ora tutte ricoverate in apposite strutture assistenziali protette. Insomma, un gesto tipicamente dannunziano. Il problema è che ora il grande critico d’arte vorrebbe anche organizzare un volo in deltaplano su Castel d’Asso (lanciando poi dei volantini con buoni sconto non appena raggiunto l’obiettivo), oltre ad una marcia su Viale Fiume e al diritto di portare la Macchina, appena finito Expo, nella sua umilissima residenza sulle sponde del lago di Garda, chiamata Il Vittoriale delle Capre.

I facchini. Se proprio volessimo trovare un neo a questa straordinaria operazione di immagine, seconda soltanto al viaggio di Alice nel paese delle meraviglie, sta tutto nel ruolo dei facchini. Che a causa del rapporto turbolento col Comune, non saranno presenti ad Expo, almeno non in forma ufficiale. Insomma: dovranno pagarsi il biglietto d’ingresso e, per non dare troppo nell’occhio, saranno costretti a girare tra i padiglioni fingendosi turisti bengalesi. Dall’unità di crisi di Palazzo dei priori, comunque, hanno già provveduto a risolvere il problema: sotto la Macchina saranno posizionati dei manichini (appositamente prelevati dalla Rinascente), vestiti a mo’ di facchini, pronti a sostituire in tutto e per tutto gli originali cavalieri di Rosa. Resistenti, instancabili, non sudano e non hanno bisogno di andare al gabinetto e, cosa più importante per il Comune, non sono in grado di parlare e di esprimere opinioni.

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