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Talete: buone intenzioni, pessime pratiche

Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano, ripropone il modello partecipato, ma...

Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano e presidente dell'Associazione Comuni Virtuosi

Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano e presidente dell’Associazione Comuni Virtuosi

La questione Talete e, più in generale, la gestione delle risorse idriche al centro di un intervento del sindaco di Corchiano Bengasi Battisti che prende spunto dalle recenti affermazioni dell’onorevole Fioroni che “sembrano voler attribuire ai governi locali le responsabilità del debito di quattro milioni e mezzo”. Per Battisti “è ingiusto e non rispondente alla realtà chiamare in causa quelle comunità locali che hanno assicurato per anni un servizio economicamente sostenibile, hanno costruito acquedotti, fognature e
curato reti idriche e sorgenti. In quella gestione pubblica e partecipata tutti hanno avuto accesso all’acqua a prescindere dalle condizioni socio-economiche e nessuna famiglia in difficoltà ha subito la vergognosa pratica del distacco”. La questione è complicata e chiama in causa proprio il fatto che diversi comuni della Tuscia (Corchiano è uno di questi) non hanno aderito a Talete. Con la conseguenza che un Ato debole per costituzione (grande superficie di competenza, scarsa densità di residenti), è diventato ancor più fragile in quanto non è riuscito a convogliare tutte le amministrazioni in Talete. Che, va ricordato, è quanto di più pubblico si possa immaginare.

Continua Bengasi Battisti: “Con la Talete in quanto soggetto di diritto privato, seppur partecipato dal pubblico, i consigli comunali sono stati espropriati e i sindaci con una delega in bianco e senza alcuna necessità di confronto con le loro comunità hanno avuto la possibilità di decidere su un bene primario e essenziale come l’acqua. È così che la Talete ha strappato il governo delle acque alle comunità e la partitocrazia si è impadronita e ha speculato sul bene comune per eccellenza”. Che l’acqua sia un bene di tutti è fatto che non va messo in discussione neppure per un attimo: il problema è la gestione, che costa in tutti i sensi. La nascita di Talete era motivata proprio dall’esigenza di affidare il governo delle acque alle comunità locali, rappresentate appunto dai sindaci. Le intenzioni erano lodevoli; l’applicazione pratica decisamente meno. Perché? Le risposte sono molteplici. La verità più vera è che, alla fine, tutti o quasi hanno pensato che trattandosi di una società pubblica, non c’era da preoccuparsi: qualcuno avrebbe pagato. O comunque non si sarebbero corsi rischi legati ad eventuali default. Conti sbagliati perché, prima o poi, i nodi vengono al pettine.
“La saggezza e l’interesse per il bene comune presenti e diffuse nelle Comunità non avrebbe permesso quell’aumento delle tariffe, non avrebbe prodotto le scelte dei costosi dearsenificatori non funzionanti e economicamente insostenibili e non avrebbe prodotto il preocccupante debito –  aggiunge Battisti-.
Il referendum del 2011 con i 27 milioni di ‘SI’ ha chiaramente detto fuori l’acqua dal mercato e fuori i mercanti dall’acqua che si traduce in gestione attraverso forme di diritto pubblico (consorzi o aziende speciali) che assicurino il controllo democratico ai cittadini, la valorizzazione dei lavoratori del settore e la proprietà di un bene indispensabile per la vita di ognuno”. Tutto vero, tutto giusto, ma i sindaci non sono forse l’espressione più democratica della volontà dei cittadini? Se le cose non hanno funzionato, la colpa non è di Talete in quanto tale, ma semplicemente di gestioni scarsamente attente, di controlli inesistenti, di managerialità assenti. Si è proprio certi che consorzi e/o aziende speciali sapranno davvero far meglio di Talete? Una cosa è gestire la vicenda idrica di un piccolo comune, ben altra quella che interessa più di 300mila cittadini.

Il presidente dimissionario di Talete, Stefano Bonori

Il presidente dimissionario di Talete, Stefano Bonori

“Anche la legge regionale del Lazio, approvata all’unanimità da più di un anno – conclude il sindaco di Corchiano – favorisce la gestione pubblica dell’acqua attraverso un reale protagonismo delle comunità e dei governi locali. Le dichiarazioni che si susseguono, il ritardo ingiustificato della Regione Lazio nell’applicazione della legge, il discusso art. 7 dello ‘sblocca Italia’ tendono a cancellare la volontà popolare del referendum sull’acqua pubblica e a introdurre la gestione privata. Non sono i cittadini  i responsabili del debito Talete e non potranno essere loro a pagarne le conseguenze. La Regione, dopo un’accurata verifica, trovi le giuste soluzioni evitando nuove e ingiuste speculazioni. È proprio il caso di riaffermare: Si scrive acqua e si legge democrazia”. Sui principi non c’è discussione, sulle pratiche applicazioni servirebbero trattati. I fatti dicono che la il bilancio 2014 si è chiuso con un  disavanzo di 4,3 milioni di euro (e già deve far drizzare le antenne, visto che quello precedente  era in attivo per mille euro: come è possibile) che va risanato. Come si fa? La Regione ci deve mettere le mani, è scontato, ma come è pensabile che non possano non essere i privati ad accollarsi i debiti e a tentare la strada della stabilizzazione e del rilancio. Acea è posseduta in maggioranza dal Comune di Roma e produce fior di utili. Un modello del genere, supportato da controlli costanti sulle tariffe e sulla qualità del servizio, non è affatto il male assoluto.

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