24042024Headline:

Il lavoro e le vittime dirette e indirette

Non solo incidenti, ma anche oggetto di caporalato: le iniziative intraprese

Alessandra Terrosi, deputata del Partito democratico

Alessandra Terrosi, deputata del Partito democratico

La Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro è importante non solo perché è doveroso non dimenticare chi è stato vittima di un accadimento di questa natura ma anche perché è importante farlo in un contesto in cui Anmil favorisce l’incontro tra i propri associati e le Istituzioni, dal quale deve scaturire una doverosa riflessione sulla centralità dei diritti di ogni lavoratore e sulla necessità che di questo non ci si dimentichi mai.

Ho detto anche questo nel mio intervento tenuto in occasione della Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro, istituzionalizzata ormai da alcuni anni, che vuole essere un unico momento celebrativo delle vittime, una ricorrenza comune a tutte le province italiane a sottolineare come questo sia un fenomeno che, purtroppo, non conosce confini regionali o territoriali.

Il nostro Paese si è dotato di una Legge sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro già nel lontano 1858, quando questi temi non erano certo argomento di pubblica discussione. La normativa fondamentale italiana in termini di prevenzione nei luoghi di lavoro è rappresentata dal decreto legislativo n. 81/2008, fortemente voluto dall’allora governo Prodi e dai ministri del Lavoro Cesare Damiano e della Salute Livia Turco. Normativa che prescrive la valutazione di tutti i rischi, impone l’adozione di misure di tutela in tutte le aziende, di grandi e di piccole dimensioni, a gestione pubblica o privata e favorisce la formazione di ciascun lavoratore. Tuttavia, ad oggi, mancano vari decreti attuativi quali ad esempio quello sulla qualificazione del sistema delle aziende e dei lavoratori autonomi e quello per la definizione di rischio irrilevante per la salute e basso per la sicurezza degli agenti chimici pericolosi”.
“La legge 98/2013, di conversione del Decreto del fare, introduce rinvii a decreti o ad Accordi Stato/Regioni, che riguardano talune semplificazioni, sulla adozione dei quali è necessario vigilare poichè tali semplificazioni saranno ammissibili solo se riguarderanno adempimenti meramente burocratici senza intaccare la salvaguardia dei lavoratori e delle lavoratrici.

Relativamente agli infortuni il rapporto Inail del 2014 rappresenta un calo del 4,6% degli stessi, inferiore a quello verificatosi nei due anni precedenti. Nello stesso anno le morti sul lavoro hanno raggiunto il n. di 662 mentre nei primi sei mesi del 2015 rispetto al 2014, si registra un aumento di 100 casi. Si tratta di dati su cui è necessario riflettere con la dovuta cautela rapportandoli alla diminuzione del numero dei lavoratori e a quella del numero delle ore lavorate.

Il lavoro agricolo, spesso oggetto di caporalato

Il lavoro agricolo, spesso oggetto di caporalato

Durante l’estate del 2015 è salito drammaticamente alla ribalta il tema del capolarato in agricoltura; di certo non perché il fenomeno fosse meno grave negli anni passati, ma perchè in questo ultimo anno lo stesso è apparso in tutta la sua crudezza: sfruttamento e umiliazione fin quasi alla riduzione in schiavitù, non sono purtroppo solo locuzioni semantiche per rappresentare le drammatiche condizioni dei lavoratori di fine ottocento, ma rappresentano la condizione di lavoro che è tutt’ora quella di molti braccianti.
L’ultimo rapporto Agromafie e Caporalato della Flai-Cgil riporta la stima di circa 400.000 lavoratori potenzialmente coinvolti nel fenomeno mentre coloro che sarebbero ridotti in condizioni di schiavitù ammonterebbero a circa 100mila, con il 60% dei lavoratori costretti a lavorare sotto caporale che non hanno accesso ai servizi igienici e all’acqua corrente e che, come noto, percepiscono un salario ben al di sotto di quello previsto dai contratti nazionali del lavoro. Dopo la modifica del Codice Penale con la introduzione del reato di caporalato, molti sono stati i “caporali” arrestati o denunciati, mettendo in atto una aggressione a questo fenomeno che si sta arricchendo di altri strumenti.

È attiva dal primo settembre di quest’anno la Rete del lavoro agricolo di qualità, istituita ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 91/2014 cui possono aderire le imprese interessate, le quali devono rispondere a determinati requisiti: si tratta di un organismo autonomo finalizzato a rafforzare le misure di contrasto dei fenomeni di irregolarità e di criticità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo. Della cabina di regia fanno parte l’INPS, che la presiede, le organizzazioni sindacali, quelle professionali agricole, i Ministeri della agricoltura, del lavoro e della economia oltre alla rappresentanza delle Regioni; la cabina di regia ha il compito di definire un piano organico complessivo per il contrasto stabile al lavoro nero e al caporalato.
Proposte ulteriori per il contrasto al caporalato sono state avanzate dai Ministri dell’agricoltura, Martina, e della Giustizia, Orlando, proposte che mirano a introdurre misure significative che colpiscano le aziende coinvolte in questi fenomeni e che vanno dalla confisca dei beni, all’arresto in flagranza, oltre alla responsabilità in solido per chi sfrutta il lavoro nero, nonché indennizzi per le vittime e assistenza legale per coloro che denunciano lo sfruttamento.
È alla attenzione delle Commissioni congiunte Agricoltura e Lavoro una risoluzione in materia di caporalato che chiede al Governo impegni precisi in merito alla applicazione tempestiva e spedita delle misure ricordate.
Il lavoro che Anmil svolge sia nel campo della assistenza sia in quello della formazione” conclude Alessandra Terrosi “è un lavoro prezioso per la società e per questo motivo deve essere valorizzato e sostenuto.

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