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“Perché a morire son sempre le donne?”

L'intervento di Daniela Bizzarri in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne

Le scarpette rosse simbolo della violenza sulle donne

Le scarpette rosse simbolo della violenza sulle donne

Ogni giorno, nel mondo, dentro le mura domestiche, quelle che più di ogni altra cosa dovrebbero farci sentire “al sicuro”, centinaia di donne sono costrette a subire violenza e nei casi peggiori essere uccise dai propri compagni. In 7 casi su 10 infatti, i femminicidi sono consumati all’interno del contesto familiare. Ancora oggi una donna non può tornare a casa da sola la sera, o andare a correre da sola (come dimostra la storia di Irene, runner milanese aggredita e sfregiata sul Naviglio mentre faceva jogging) o prendere un treno di notte senza dover temere di subire una violenza fisica o rischiare delle mancanze di rispetto anche solo verbali.

La domanda che nasce spontanea nella mente delle donne vittime o meno di abusi e violenze non può che essere un lapidario “Perché?” Chissà se mai un giorno qualcuno riuscirà a trovare una risposta.
Mettendo da parte i ben tristemente noti numeri legati alla violenza che quotidianamente le donne subiscono, ieri abbiamo ricordato la grande bellezza, che coloro che compiono certi gesti hanno dimenticato o non hanno mai conosciuto.
La grande bellezza sono le due metà del cielo, per ricordare una celebre metafora.
Uomini e donne, uguali nei diritti e nei doveri, ma così intrinsecamente, profondamente, straordinariamente diversi.
Senza questa diversità, senza due corpi differenti e due pensieri differenti, per citare un celebre cantautore, non ci sarebbe futuro. E non stiamo parlando di biologia.
E crediamo che questa diversità vada ogni giorno apprezzata, coltivata e rispettata.
Dobbiamo imparare a portarci rispetto, imparare che, se non si va d’accordo con una persona, si può non vederla più, non parlarle più, o magari litigare e soprattutto che la si deve lasciar andare via. Sembra infatti che molte delle violenze domestiche, che spesso purtroppo sfociano in un atto estremo di femminicidio, siano spesso una “reazione dell’uomo alla decisione della donna di interrompere un legame“, come sottolinea sempre il dossier Eures. Quello passionale rimane perciò il movente più frequente che porta un uomo a commettere un simile gesto, parliamo di 504 casi del genere in due anni.
Oggi in effetti specialmente nella nostra città e nella nostra provincia i casi  sono aumentati a dismisura.
Le forze dell’ordine hanno una particolare attenzione e sempre più spesso agiscono preventivamente e velocemente. Ma non basta, occorrono innanzitutto pene più severe, ma soprattutto non serve intimare ad un uomo il divieto di non avvicinarsi alla donna che sta perseguitando. Sappiamo tutti che tanto non lo farà, sappiamo tutti che sarà sufficiente un attimo di distrazione e quell’attimo sarà fatale.
Molti uomini mi confidano che si sentono discriminati perché, a loro dire, anche le donne possono essere violente nei confronti dei propri mariti, fidanzati, amanti, ex, che una separazione può portare a grandi sacrifici economici. Tutto è legittimo, ma la domanda che mi sorge spontanea è: perché poi a morire sono sempre le donne?
Occorre fare rete tra tutti: istituzioni, forze dell’ordine di ogni ordine e grado, ospedali, pronto soccorsi, prefettura, magistratura. Uniti si vince.
Parliamo nelle scuole, educhiamo i nostri ragazzi al rispetto reciproco, inculchiamo in loro il concetto che alla morte non c’è ritorno.
Dobbiamo perciò imparare che la violenza non porta a nulla se non ad altra violenza e alla paura, che è l’arma dei più deboli. Impariamo a starci vicini, impariamo ad amarci ma impariamo anche a non amarci più.
Uomini, aiutateci a non avere paura, aiutateci ad essere libere dal timore della violenza.
Noi siamo le madri dei vostri figli.
Noi siamo coloro che rendono meno fredde le notti d’inverno.
Noi siamo quelle che probabilmente noi e voi non ci capiremo mai fino in fondo, ma è bello così.
Noi siamo le vostre migliori amiche.
Noi siamo le vostre compagne di scuola, di giochi, di lavoro.
Noi siamo quelle con cui fate l’amore.
Noi siamo quelle che amate e odiate.
Noi siamo il desiderio che prende forma.
Noi siamo le vostre figlie.
Noi siamo quelle con cui litigare è bello perché poi fare la pace lo è ancora di più.
Noi siamo donne.
Noi siamo persone, esattamente come voi.
 
 
Daniela Bizzarri
Consigliera delegata Pari opportunità 

 

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