L’italica rinascita (nel senso economico del termine) passa inevitabilmente dalla qualità di ciò che si propone sul mercato. Proprio ieri, su codeste colonne, Viterbopost ha raccontato la storia di Uwe e Hilde. Due tedeschi che, dal lontano 2002, ogni santo anno scendono nella Tuscia per un solo motivo: l’olio.
I coniugi infatti, sbarcati nel Viterbese quasi per caso, si sono innamorati dei cosiddetti prodotti tipici locali. Ne hanno parlato con amici e parenti, rincasando, e attualmente tornano in patria con più di 400 chili di extravergine. O meglio, con più di 400 chili di “biologico”, ottenuto dalla lavorazione di olive non trattate. Lontane da pesticidi. Coccolate prima, durante e dopo la trasformazione.
“È questa la strada maestra – spiega Ermanno Mazzetti, direttore Coldiretti Viterbo – lavorare nel rispetto dell’ambiente e diversificarci. Lo gridiamo a gran voce da tempo. E, per rimanere sul tema, approfittiamo dell’occasione per onorare il lavoro svolto da Guariniello”.
Raffaele Guariniello, procuratore capo di Torino, ha appena puntato i riflettori su un caso (mai termine fu più appropriato) “lampante”. La sua inchiesta sta tentando di smascherare diversi grandi marchi, che vendono olio di oliva a prezzi ultra-convenienti (anche meno di sei euro al litro), spacciandolo per extravergine.
La differenza tra i due fluidi è netta e determinante. L’olio di oliva si ottiene attraverso un processo chimico, che in miscela prevede anche “altre sostanze” e “agenti”. L’extravergine invece è, per farla breve, una semplice spremuta di olive, alla quale non si aggiunge altro.
In sintesi, si sta parlando di disuguaglianze abissali, quelle che distinguono l’industria dall’artigianato. Le piccole botteghe dalla distribuzione mastodontica.
“Il Made in Italy tira – prosegue Mazzetti – e la grande distribuzione lo sa bene, ma illude i consumatori con marchi italiani che però hanno sede all’estero. L’olio, ad esempio, è ormai impero prettamente spagnolo. Solo una forte consapevolezza, una lettura attenta dell’etichetta, e una scelta intelligente, riescono a salvare gli acquirenti”.
Ok, ma oltre ad andare a fare la spesa con la lente di ingrandimento e tanta voglia di leggere, come se ne esce da un sistema tanto malato? “In questo specifico caso basterebbe recarsi direttamente nei frantoi – aggiunge – seguendo l’intera lavorazione. Idem per gli atri comparti agro-alimentari”.
Fiducia, insomma. Conoscenza approfondita. E rapporto diretto. Fattori che si discostano abbastanza dal tanto agognato export. Che invece in molti vedono come chiave per la fuoriuscita dalla “crisi”.
“Se si intende far sviluppare un territorio, è meglio mettere la gente in condizione di andare direttamente in quel posto a godere delle sue bellezze – spiega, in sintesi, sulle pagine del prezioso libro ‘Terroni ‘ndernescional‘, l’autore Pino Aprile – piuttosto che portar fuori ciò che ha di buono, e far arricchire così solo i soliti quattro gatti”.
Parole sante, le sue. Ben recepite da Uwe e Hilde. Che, col presupposto dell’olio, si fermano in zona quindici giorni l’anno. Pubblicizzano la Tuscia fuori dai confini nazionali. E rappresentano, chiudendo, un esempio pratico e non invasivo di turismo-enogastronomico.