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Addio a Carivit, Bankitalia e non solo

Nel 2016 scompare l'ente di via Marconi e Intesa Sanpaolo piazza le sue insegne

Le insegne di Intesa SanPaolo all'ex filiale Carivit di via Polidori

Le insegne di Intesa SanPaolo all’ex filiale Carivit di via Polidori

Tanti pezzi (più o meno grandi e significativi) che, lentamente, scompaiono o mutano pelle o si ridimensionano a livello di mera presenza. E’ il destino non solo di Viterbo, ma di tutte quelle realtà medio-piccole che pagano il conto alla necessità di tagliare. Oddio, il verbo utilizzato in queste circostanze è un altro: si dice ottimizzare. Che fa tanto chic, ma non cambia la realtà delle cose.

Viene subito alla mente la Banca d’Italia di via Matteotti: nei primi giorni del prossimo anno, la struttura viterbese viene smantellata. I dipendenti saranno trasferiti e in città rimarrà ancora (chissà ancora per quanto) un piccolo presidio. Poca roba rispetto agli anni d’oro quando la filiale della banca centrale era un punto di riferimento solido e sicuro per cittadini, imprese e anche per gli istituti di credito privati. Niente da fare: la mannaia si abbatte inesorabilmente e porta al macero presenze centenarie. E così la struttura di via Marconi chiude di fatto i battenti. Con tutte le conseguenze del caso.

La sede di Viterbo della Banca d'Italia

La sede di Viterbo della Banca d’Italia

Non chiude, invece la Carivit, altro storico istituto di credito della Tuscia. Cambia semplicemente ragione sociale diventando Intesa Sanpaolo. Anche in questo caso le rassicurazioni sulla presenza sono state molteplici e fortemente rassicuranti, ma la sostanza non cambia: la Cassa di risparmio della Provincia di Viterbo non c’è più. E’ vero che si tratta soltanto di una mutazione di marchio, ma è anche vero che nel vorticoso tourbillon legato alla ristrutturazione aziendale (che coinvolge anche la Cariri di Rieti e, per quanto il territorio viterbese, la Cariciv di Civitavecchia) sono cambiati diversi responsabili delle agenzie e delle filiali. Che non è faccenda da trascurare, visto che la vendita di prodotti finanziari è legata pure ai rapporti diretti che si creano tra clienti e personale dell’istituto di credito. Era stato assicurato che le “facce” sarebbero rimaste le stesse: i fatti dimostrano che non è così. E dunque ci vorrà del tempo prima che tutti possano assorbire le tante novità.

Domenico Merlani, presidente della Camera di commercio di Viterbo

Domenico Merlani, presidente della Camera di commercio di Viterbo

Ancora incerto il destino della Camera di commercio. Che è comune a tutte le strutture dei capoluoghi medi e piccoli. Con tutta probabilità ne parlerà il presidente Domenico Merlani durante il consueto appuntamento (fissato per martedì prossimo) per il bilancio del 2015 e per le prospettive nell’anno che arriva. Una prima ipotesi riguardava un accorpamento con l’ente camerale di Rieti, con sede centrale fissata – come è ovvio – a Viterbo, ma ce ne sono anche altre sul tappeto. E non tutte sembrano particolarmente propizie per il capoluogo della Tuscia. Intanto, in attesa delle norme sul riordino, va registrato che tra poco partirà la seconda riduzione del diritto annuale in pochi mesi che, dopo l’abbattimento del 35% nel 2015, scenderà di un ulteriore 5% nel 2016, per attestarsi definitivamente nel 2017, salvo modifiche della normativa, al 50% di quanto introitato nel 2014. “Un taglio alle risorse inaccettabile e insostenibile, sul quale abbiamo già espresso serie riserve – gridano a gran voce i sindacati – e che rischia di compromettere irrimediabilmente la sopravvivenza di un settore nevralgico per l’economia del paese”. Si tratta evidentemente di una misura insufficiente a garantire al sistema imprenditoriale italiano adeguati servizi e ad assicurare agli oltre diecimila addetti gli attuali livelli occupazionali. Discorso che, non ci sarebbe nemmeno bisogno di sottolinearlo, riguarda anche la sede viterbese. Quello che è certo è che per quanto riguarda le Camere di commercio, esse passeranno da 105 a 60: a rimanere attive soltanto quelle con 75mila imprese; ad ogni modo, ne dovrà essere presente almeno una per regione e per città metropolitana. Un numero dal quale Viterbo è lontanissima. E allora? Si vedrà, ma l’aria che tira non è affatto positiva.

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