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Dal Senegal a Viterbo: la storia di Fallou

Il pivot della Terra di Tuscia a 14 anni lasciò Dakar per giocare a basket in Italia

Fallou Ndiaye a passeggio a Roma

Fallou Ndiaye a passeggio a Roma

Nome Fallou Ndiaye (pronuncia con l’accento sulla “u” e sulla “e”, alla francese); cognome El Hadji; nazionalità senegalese, poco più di 19 anni, professione pivot e scarpe numero 49. Che non è una notizia per chi è alto oltre due metri.  Per tutti semplicemente Fallou. Impossibile non voler bene ad un ragazzone che ispira tenerezza ogni volta che, vincendo la naturale timidezza, apre bocca. La sua storia va raccontata. “Vivevo a Dakar, la capitale del Senegal, con i miei genitori e i miei fratelli, uno più grande e uno più piccolo di me. Andavo a scuola come tutti i ragazzi di quell’età. A 14 anni ero già abbastanza alto, quasi come adesso e comunque molto di più dei miei coetanei. Non avevo mai toccato un pallone da basket e non sapevo neppure che cosa fosse realmente. Su internet mi capitò di vedere uno spezzone di una partita di Nba. Mi piacque quel gioco in cui bisognava buttare il pallone in un canestro. Mio padre me ne regalò uno e con questo cominciai a divertirmi da solo sui campetti di strada. C’era anche una specie di allenatore che mi dava qualche consiglio, ma nulla di importante. E, come spesso succede, mi fecero un filmato e lo caricarono su Facebook”.

La schiacciata: la specialità del pivot senegalese

La schiacciata: la specialità del pivot senegalese

Sembra una favola e invece è soltanto la verità. Fallou non si ferma: “Dopo un po’ di tempo i miei genitori furono contattati dall’Italia: era la Stella Azzurra Roma che proponeva di farmi giocare con loro. E naturalmente rassicuravano i miei che mi avrebbero consentito di continuare a studiare. Sono partito e sono arrivato qui”. Lo sguardo si abbassa e gli occhi un po’ si appannano: “Da allora non sono più tornato in Senegal e neanche i miei sono riusciti a venire in Italia… Ma la prossima estate ci torno”. E l’affermazione sembra molto più di una promessa.

Una curiosa immagine con i i manichini

Una curiosa immagine con i manichini

Insomma, questo lungagnone altissimo, ma piuttosto gracile di costituzione, riempie la valigia dell’essenziale e di tanti sogni e arriva a Roma dove praticamente comincia da zero. Tutta la trafila del minibasket l’ha saltata di netto: va impostato partendo proprio dalle basi. A Roma, quelli della Stella Azzurra credono in lui e ci lavorano con costanza. E d’altronde, se era bastato un filmato su Facebook per far intuire certe qualità… Fallou cresce ancora e arriva a superare i due metri. Gioca nell’Under 17 e poi, con il passare del tempo, nell’Under 19 con la quale conquista anche uno scudetto. Fa anche qualche apparizione in prima squadra, ma l’impatto col basket che conta arriva con l’ingaggio della Stella Azzurra, sponda Viterbo. “Quando mi hanno proposto di giocare qui, ho detto subito sì. Sapevo che avrei ritrovato alcuni amici: Bamba (il play Marco Giancarli), Giotto (Mathlouthi), Giulio (Cianci). E infatti mi sono trovato benissimo”.

Un momento di relax in piscina: alle spalle i compagni di squadra Peroni, Meroi e Mathlouthi

Un momento di relax in piscina: alle spalle i compagni di squadra Peroni, Meroi e Mathlouthi

Il minutaggio non è elevato, ma lui è contentissimo anche così: “Lo so che devo migliorare ancora tantissimo; commetto errori in difesa e sono carente nel tiro, ma sono qui per imparare e per crescere. Coach Umberto (Fanciullo) mi sprona e mi corregge continuamente. Certe volte mi rimprovera anche duramente, ma so che lo fa per me. Gli voglio davvero bene. E poi lui rimprovera tutti…”. Come domenica scorsa a Empoli? Fallou scuote la testa e sorride: “Quando siamo tornati negli spogliatoi, ha detto ad ognuno di noi che cosa bisognava fare. E’ vero, un po’ ha gridato ma è servito per scuoterci e farci reagire. E infatti siamo tornati in campo e la partita è stata tutta nuova“. Dice proprio così e, anche se l’espressione non è proprio manzoniana, aiuta a capire benissimo che cosa è successo.

La "spallata" di saluto con Peroni

La “spallata” di saluto con Peroni

Fallou frequenta il quarto anno al liceo Ruffini, dove è un autentico beniamino. Uno cosi non è che passi inosservato. La materia preferita? “Storia”. Quella più ostica? “Matematica e anche fisica”. Che non proprio il massimo per chi frequenta lo scientifico. Ma lui cerca di cavarsela con l’applicazione. “Fra scuola, allenamenti, partite e studio non ho molto tempo libero. Una volta a settimana, tramite Skype, mi sento con la mia famiglia: mio madre fa la casalinga, mio padre lavora all’aeroporto di Dakar, i miei fratelli studiano. Dimenticavo: mi difendo abbastanza bene anche con il francese e l’inglese. E conosco pure due lingue africane, ma qui non servono molto…”. I rapporti con i ragazzi della tua età? “Ho tanti amici e tante amiche sia a scuola che fuori. Nei limiti del possibile cerchiamo di vederci”. La ragazza? Sorride e scuote di nuovo  il capoccione: “No, no: solo amiche”. Lo sport preferito, a parte il basket? “Mi piace giocare a calcetto, ma sono una pippa assurda. Però di testa le prendo tutte”. Capirai, che sforzo…

Fallou a Villa Borghese

Fallou a Villa Borghese

E il futuro, Fallou? Un velo di malinconia traspare dietro le lenti da miope. “Vorrei continuare a giocare a pallacanestro e mi impegno in ogni momento per migliorarmi. Ma il mio grande sogno è un altro”. Quale? “Vorrei diventare ricco, ma non per me: mi piacerebbe aiutare quelli che hanno bisogno, i poveri. Dovunque si trovano: in Senegal, in Italia, in ogni angolo di mondo. Ecco, se riesco ad unire il basket con quest’altro obiettivo, mi sentirò completamente realizzato”. Come si fa non voler bene ad un ragazzone così?

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