L’episodio è spiacevole e censurabile da ogni punto di vista. Gli insulti dell’allenatore del Napoli Maurizio Sarri al collega che siede sulla panchina dell’Inter, Mancini, hanno fatto il giro del mondo. Già perché il Roberto dal ciuffo ribelle si è sentito in dovere di andare in tv, subito dopo il termine della gara (vinta) e invece di parlare del successo e del passaggio di turno in Coppa Italia, ha spifferato quello che gli era stato urlato. Non vale la pena ripetere quei termini, evidentemente pronunciati con intenti ingiuriosi. Sarri si è scusato privatamente e poi pubblicamente sempre in tv, Mancini ha fatto finta di niente, il giudice sportivo ha comminato all’allenatore degli azzurri due giornate di squalifica e, finalmente, con una nota ufficiale di venerdì l’Inter ha accettato le scuse e la sceneggiata si è chiusa finalmente.
Perché sceneggiata? Per il semplice fatto che la vicenda ha scatenato la solita orda di perbenisti e moralisti che si è cimentata su ogni media possibile con analisi, rimbrotti, prediche e panerigici. Ci si è messa di mezzo pure l’autorevole Gazzetta dello Sport che, in un indimenticabile pezzo, ha sancito che essendo Mancini notoriamente eterosessuale, quegli epiteti non avevano fini discriminatori: erano solo e semplicemente insulti. Come se questo fosse un’attenuante.
Non è intento di chi scrive difendere e/o assolvere Sarri e neppure condannare Mancini per aver vuotato il sacco. Sarebbe auspicabile però che la sincerità non sia a senso unico e che i commentatori che si sono sbizzarriti in analisi d’ogni genere, invece di starsene comodamente seduti dietro un pc o sul divano di casa per ammirare la partita in tv (che, poi, quando la trasmette la Rai è meglio abbassare totalmente il volume per evitare di sentire gli insulsi interventi soprattutto dei cosiddetti bordocampisti. ma questo è un altro discorso), vadano a vedere le partite dal vivo. In quel caso si renderebbero conto di persona di quel che che accade davvero.
E non c’è bisogno di andare a San Siro, all’Olimpico o al San Paolo: no, basta un qualunque campetto di periferia e una qualsiasi gara, anche di settore giovanile. Succede veramente di tutto: parolacce, bestemmie, offese verso incolpevoli mamme, ingiurie pesanti verso viventi e non… Roba che gli insulti di Sarri sono soltanto innocenti carezze verbali. Questo è il calcio italiano oggi e a tutti i livelli. Perché lo stadio in ogni sua parte è considerato zona franca, dove tutto è lecito. Tanto il pericolo che si possa essere individuati e quindi puniti, è minimo. Spesso agli ingressi vengono requisiti anche gli accendini: corpo contundente, è la motivazione ufficiale, Poi ci si accorge che sugli spalti entrano petardi, bombe, fumogeni. Sì, perché una bella coreografia (si chiamano così e non si sa perché) aiuterebbe gli atleti ad esprimersi meglio… Come è possibile? Boh…
Ha ragione Sarri quando afferma che le cose di campo devono rimanere nel campo. E non è l’esaltazione dell’omertà. E’ solo la semplice costatazione che se tutti riferissero a fine gara gli insulti dati e/o ricevuti, il 99% delle serie A sarebbe squalificata: atleti, allenatori, dirigenti, addetti ai lavori. Tutti indistintamente. Questa è la verità. Il resto sono chiacchiere. Chiacchiere e ipocrisia.
Buona domenica.