16042024Headline:

Il giornalismo svilito dai “pennivendoli”

Riflessioni e considerazioni di varia umanità sorseggiando il caffè della domenica

trentarighe disegnoNon ci sono più le stagioni di una volta, signora mia… E non ci sono più nemmeno i giornalisti di una volta: quelli che tramandavano il mestiere; che spiegavano con pazienza e passione dove e perché un pezzo era sbagliato; quelli che scrivevano tremila battute in 10 minuti, ma ci mettevano mezz’ora a trovare l’attacco giusto; quelli che facevano rifare un titolo venti volte (allora si scrivevano ancora sui foglietti..) fino a quando non si azzeccava la giusta misura tra la notizia da dare e la lunghezza necessaria. Ci sono ancora sicuramente, ma restano rintanati nelle redazioni a sfornare pagine, a correggere le brutture altrui, a cercare di dare un senso ad una professione svilita dai pennivendoli (che si offrono al miglior offerente per meno di un tozzo di pane), che drogano il mercato pubblicitario con prezzi che più stracciati non si può (sì perché tanti pur di raggranellare qualcosa diventano anche agenti a caccia di sponsor), che scrivono a comando per riverire il potente di turno, che cambiano bandiera e posizione a seconda di come tira il vento.

E l’Ordine che fa? Assolutamente nulla. Si preoccupa, questo organismo superato, di organizzare inutili corsi di aggiornamento (spesso a pagamento) per raggiungere un certo numero di crediti, invece di verificare per esempio se le nuove domande di iscrizione sono presentate da persone che hanno realmente fatto per due anni il giornalista. Basta che risultino i pagamenti: se poi le ritenute d’acconto sono state versate dallo stesso aspirante e costui ha firmato cose scritte da altri, non è un problema. Con decisione inspiegabile, è stato abolito l’esamino di accesso per i pubblicisti. Perché? Con quale criterio? Era un metodo da affinare per cercare di fare uno straccio di selezione, invece lo si è cancellato di colpo. E così ci si ritrova con persone che si fregiano del titolo e non sanno mettere in fila nemmeno soggetto, complemento e predicato. Una vergogna, una autentica vergogna. E non parliamo di comunicazione: una cosa seria che questi presunti scienziati del giornalismo non sanno nemmeno dove sta di casa.

Non ci si improvvisa idraulici o ingegneri o fotografi o medici se non si ha una preparazione solida. Poi, dopo, certamente l’esperienza aiuta: intanto ci vogliono le basi. Però ci si improvvisa giornalisti: è normale? E tutto questo viene tollerato perché l’importante è pagare le quote annuali. La preparazione, la competenza, la professionalità? In secondissimo piano. Meglio presunti corsi di aggiornamento (su argomenti degni del cineforum di Fantozzi…) che non aggiornano su nulla e che servono solo a tacitare la coscienza. Semplicemente un po’ di ammuina.

I veri guai cominciano quando (appena in possesso del titolo professionale) tanti, troppi aprono un giornale del quale sono direttori e editori di se stessi. Nessun controllo: basta pagare il dovuto e si parte. Pubblicazioni che vivono solo di comunicati e che poi, per scagliare un po’ di pubblicità, vantano straordinarie performance. Per favore, fateci sapere il segreto di un giornale di successo, ma senza notizie. Incredibile. E così continuano a proliferare principi e regine del “copiaeincolla”. Trenta righe, pur sapendo benissimo che si tratta di parole al vento, rinnova un’umilissima richiesta a chi di dovere: il direttore responsabile di una qualunque pubblicazione sia un giornalista che vive solo di questo lavoro. Meglio un professionista (che almeno ha dovuto superare un esame di Stato), ma va bene anche un pubblicista, purché si dedichi esclusivamente a questo nobilissimo e affascinante mestiere. Chi svolge altre attività, lasci perdere e non faccia altri danni. La serietà e la professionalità stanno da tutt’altra parte e di sicuro non si acquistano al supermercato.

Buona domenica.

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