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“La scuola si riforma con la passione”

Giulio Ferroni, docente e critico, bacchetta Renzi: "Lavora sul presente, non sul futuro"

Il professor Giulio Ferroni con il commissario straordinario Paolo Pelliccia

Il professor Giulio Ferroni con il commissario straordinario Paolo Pelliccia

“La buona scuola” vista e analizzata da Giulio Ferroni. La Biblioteca consorziale di Viterbo ospita il critico letterario e professore emerito di letteratura comparata dell’Università La Sapienza all’interno della rassegna “Gli Speciali”. L’occasione è utile per parlare di scuola alla luce della recente riforma voluta dal Governo Renzi. L’appuntamento con il professor Ferroni è il terzo della serie dopo quelli con la slavista Daniela Di Sora e con il giornalista de La Stampa Mario Baudino: sabato sarà la volta di Guido Mazzoni che presenta il libro “I destini generali”.

Già Ferroni si era occupato di scuola nel 1997 quando aveva scritto “La scuola sospesa”. Ed è tornato a farlo lo scorso anno con un libro intitolato “La scuola impossibile” in cui analizza criticamente i punti essenziali del progetto di riforma. Da profondo conoscitore della materia parla ai docenti presenti nella sala conferenze della Biblioteca. Il principio di fondo da cui parte è che quando si parla di scuola, si fa naturalmente riferimento ai destini del Paese. Compito della scuola è di preparare le generazioni future ad affrontare i cambiamenti che quotidianamente interessano la società. Ma come? Con una scuola che sia solo in grado di rispondere alle richieste del presente o con un sistema scolastico che, invece, prepari i giovani a governare le sfide del futuro? Su questa domanda si gioca la scommessa del sistema scolastico.

Ferroni mette in discussione l’atteggiamento con cui la riforma affronta i problemi. Il senso è quello di una corsa verso il futuro, della necessità di non fermarsi mai senza tener conto del passato: “La riforma è stata scritta con un linguaggio trionfante. Si immagina un’Italia che riprende a correre e una scuola che si proietta verso un contesto futuro che vive nell’illusione del presente”. A detta di Ferroni, è proprio questo il tratto distintivo della riforma e in generale della visione che l’attuale classe dirigente ha dell’Italia. In fondo non si possono separare i due argomenti. Perché è dalla scuola che verranno i governanti di domani: “Che qualcosa si debba modificare nella scuola è un fatto chiaro a tutti. E tutti conveniamo che sia così – argomenta -. L’importante è capire come. Basando tutto sulle competenze? Nella riforma non si fa altro che parlare di competenze e competitività. Ma come è possibile avere delle competenze se non ci sono le conoscenze? Evidentemente si vogliono delle competenze che siano subalterne al sistema. E quando si parla di competitività qualcuno vince e qualcuno resta indietro. La scuola, invece, deve dare alle generazioni future una coscienza forte per capire la contraddittorietà del mondo”.

Platea attenta alle parole del professor Ferroni

Platea attenta alle parole del professor Ferroni

Ecco il cuore del discorso del professor Ferroni: “Non è possibile subordinare l’insegnamento alle sole esigenze dell’oggi. È necessaria una progressiva convergenza dei vari saperi, quello scientifico, quello umanistico, quello ambientale e anche quello tecnologico. Io sono a favore della tecnologia ma che sia finalizzata all’insegnamento. Pensare di risolvere tutti i problemi con l’informatica o con l’inglese non è la strada adatta”. Il discorso di Ferroni è appassionante e anche i docenti in sala si sentono coinvolti dalle sue parole. Tuttavia una sintesi è necessaria. “Che fare?” chiedono. E la risposta di Ferroni è un invito proprio agli insegnanti: “Serve la loro passione. È necessario che continuino a svolgere il loro lavoro tutti i giorni, come sempre fanno. Arriverà il momento in cui ci sarà qualcuno a raccogliere questo seme”.

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