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“Vi racconto mio padre, un ciclone romantico”

Per gli Speciali in Biblioteca, Romana Petri e il suo libro sul grande tenore Mario

Romana Petri ha scritto "Le serenate del Ciclone" sulla vita del papà Mario

Romana Petri ha scritto “Le serenate del Ciclone” sulla vita del papà Mario

Innanzitutto, il titolo: “Le serenate del Ciclone”. “Mio padre a 12-13 anni era alto un metro e ottanta, molto più dei suoi coetanei. A Perugia, dove era nato e viveva, avevano formato una banda e per scegliere chi ne dovesse essere il capo, decisero di farsi una bella scazzottata: chi era rimaneva in piedi per ultimo era il vincitore e quindi il capo. Indovinate chi vinse… Tanto che un compagno disse: ‘Mario, pari n’omo. Sei proprio un ciclone’. E mio padre aveva anche una bella voce. Aveva 13 anni quando un amico gli disse che poteva guadagnare qualcosa facendo le serenate. Lui accettò e siccome era un attore nato, organizzava le cose in grande stile: Orlando strimpellava la chitarra e lui cantava. Con un piccolo problema, però: spesso le ragazze si innamoravano di lui”. Marina Petri (a Viterbo per gli Speciali in Biblioteca) sul papà Mario, grande tenore e anche attore in tanti film, ci ha scritto un libro (che ha già vinto il Premio Mondello). “Non è una resa dei conti e nemmeno un elogio postumo. E’ semplicemente una dichiarazione di mancanza. Con lui ho avuto un rapporto straordinario, spesso turbolento, talvolta disperato, sempre divertito e divertente. Quando ero adolescente, gli scontri erano frequenti e pure violenti, ma non lo temevo: era alto quasi due metri, imponente, opprimente per molti versi, eppure anche nei momenti più duri, la stima non è mai mancata fra noi”.

Maria Petri con la piccola Romana

Mario Petri con la piccola Romana

Il racconto di Romana è anche la storia di un’Italia che cambia: Mario nasce nel 1922, vive l’epopea del fascismo e la caduta, la guerra, la ripresa, il boom… “Fu il mio bisnonno, che era analfabeta e viveva in campagna a Cenerente a pochi chilometri da Perugia, a convincere il babbo. Una sera d’estate gli disse: ‘Mario, non devi fare la mia fine. Tu devi fare l’artista’. Una frase detta così, un augurio nei confronti di un ragazzino che cantava già benissimo. A 17 anni, mio padre scappò da casa e andò a Roma per studiare canto. Aveva pochissimi soldi, aveva avvisato la mamma di quello che faceva ma sapeva che avrebbe dovuto cavarsela da solo perché suo padre non gliene avrebbe mandati. Come talvolta gli capitava, a Roma fu coinvolto in una rissa e li stese tutti. Gli proposero di andare in palestra a fare pugilato e così si mantenne agli studi facendo il peso massimo. Aveva un profondo senso di giustizia, mica era un attaccabrighe…”.

Una sorta di romantico vendicatore che non sopportava le cose storte e che, sfruttando un fisico imponente, metteva a posto parecchie cosette. “Boris Christov – riprende Romana Petri – era un cantante bulgaro e aveva al suo servizio un tipo così piccolo che chiamavano ‘cavalletta’ e che si guadagnava da vivere facendo la comparsa. Una sera in teatro mio padre sentì di una litigata tra Christov e Cavalletta, uscì dal camerino per capire cosa stava succedendo e vide quell’omino che si massaggiava il viso: era stato colpito. Non ci pensò due volte, prese Christov e lo scaraventò per le scale. Per fortuna non si fece niente ma si si prese anche il rimprovero di Cavalletta: ‘Mario, ma non potevi farti i cazzi tuoi… Mo’ come la porto avanti la famiglia?’. Ma il babbo era anche un uomo di straordinaria cultura: conosceva benissimo il latino e lo parlava come l’italiano. Odiava la matematica ma riuscì sempre ad evitare di essere rimandato. Come? Ricattando il preside del liceo che voleva che lui cantasse al saggio di fine anno. ‘Preside, io canto, ma lei parla col professore di matematica e mi evita la bocciatura…’. Non gli ho fatto sconti nel libro: aveva tanti difetti e io li ho elencati tutti. Si sarebbe rivoltato nella tomba se non lo avessi fatto”. Paolo Pelliccia, il commissario straordinario del Consorzio Biblioteche, al suo fianco annuisce.

Il libro di Romana Petri

Il libro di Romana Petri

Al fianco di Mario c’è Lena, la moglie. “Una donna bellissima, una ballerina. Mio padre e mia madre erano una coppia stupenda. La primogenita sono io e mia padre volle chiamarmi Romana per testimoniare il suo amore verso Roma, la sua città d’adozione. Le mie favolette prima di addormentarmi erano l’Iliade, l’Odissea, il duello tra Ettore e Achille, Don Chisciotte: lui un po’ leggeva, un po’ rappresentava, un po’ sceneggiava… Il fatto che oggi a 31 anni dalla morte mi fa più piacere è che tra noi non ci sono mai stati ‘non detti’. Perché ci siamo sempre detto tutto, anche quello che era sgradevole o sconveniente o spiacevole”.

Maria Callas, Herbert von Karajan, tutti i grandi della lirica mondiale, ma anche Sergio Leone, Alberto Sordi, Jack Palance, Tatiana Tolstoj. “Decise di darsi al cinema dopo una burrascosa storia con la soprano Giulietta Simionato che gli fece terra bruciata intorno impedendogli di cantare”. Mario fu Ercole, Sansone, Golia e persino il pirata nero in un film con Totò. Guadagnò tanto e la sua popolarità crebbe a dismisura, ma appena ne ebbe la possibilità, tornò in teatro: non a caso era stato definito il più grande Don Giovanni mozartiano del suo tempo.

“Io ero sua figlia, ma in qualche maniera ero anche un po’ moglie e un po’ madre. Meglio un difetto naturale, diceva, che una qualità acquisita: ‘Io sono i miei difetti’. Se avessi potuto scegliere, avrei scelto lui come padre”. La scrittrice chiude così: in fondo lei (Romana) e lui (Mario) erano semplicemente due “fidanzati” profondamente innamorati.

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