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Viaggio alla ricerca della città ideale

Da Aquileia a San Martino al Cimino: 15 mete dove l'architettura è a misura d'uomo

Fabio Isman,. autore de "Le città ideali"

Fabio Isman,. autore de “Le città ideali”

Esiste la città ideale? Sì, ma anche no. Comunque dipende. E da che? I fattori che influenzano il giudizio e la valutazione sono diversi: taluni oggettivi, altri (la maggior parte) soggettivi. Fabio Isman, brillante penna del “Messaggero”, ne ha scelte 15 in Italia e ci ha fatto un agile libro per Il Mulino (144 pagine, 250mila battute: esattamente come richiesto dal format della casa editrice).

Ritratti accomunati dalla ricerca di particolari, aneddoti, racconti se non inediti, quanto meno sconosciuti ai più. E nella lista trova spazio anche San Martino al Cimino, lo splendido borgo alle porte di Viterbo che deve la sua fortuna a Donna Olimpia Maidalchini, cognata di papa Innocenzo X che lei stessa aveva contribuito a far eleggere esercitando un’influenza notevole sul pontefice.

“Una signora senza scrupoli – racconta Isman – che aveva ereditato ricchezze enormi dai mariti che l’avevano lasciata vedova. Di Innocenzo era sicuramente cognata, ma molto probabilmente anche altro… Tanto che il papa per ricompensarla, in sostanza le regalò San Martino. E lei ci mise le mani, creando un paesino – gioiello  nel quale anche le case non nobili avevano una loro logica e un loro stile. Ci sono tracce di interventi di Bernini e di Borromini con risultati straordinari”. Ma donna non era solo avida e munifica: “Alla morte del papa, dopo avergli svuotato le stanze di ogni bene, si rifiutò di dargli sepoltura adducendo la scusa di essere solo ‘una povera vedova’. Ai funerali del pontefice poi ci pensò il maggiordomo che pagò di tasca sua”.

Donna Olmpia Maidalchini, la benefattrice di San Martino al Cimino

Donna Olmpia Maidalchini, la benefattrice di San Martino al Cimino

Nel suo libro, Fabio Isman riporta anche un detto popolare: “Chi dice donna, dice danno. Chi dice femmina, dice malanno. Chi dice Olimpia Maildachina, dice donna, danno e rovina”. Per la cronaca, la Pimpaccia (così era stata soprannominata da Pasquino che aveva deformato in romanesco il titolo di una commedia assai famosa nel 1600, Pimpa, la cui protagonista era una donna furba e arrivista) morì di peste a 66 anni. Sic transit gloria mundi.

Il lungo viaggio tocca, come si diceva, 15 località, ognuna con una caratteristica particolare. Il giornalista con tocco leggero le descrive, anzi le dipinge, dividendole in quattro categorie: città – fortezze, città nobili, città – industria, città – bonifica. L’argomento viene introdotto da Andrea Alessi, direttore del Museo di Acquapendente, e preziosa guida di Isman sia a San Martino che a San Lorenzo Nuovo, poi esclusa dalla selezione finale. “C’è una bella piazza – spiega – ma intorno hanno costruito come viene, viene…”. L’appuntamento è inserito negli Speciali organizzati dal Consorzio Biblioteche, guidato da Paolo Pelliccia, che taglia il traguardo di metà programmazione.

Papa Innocenzo X, cognato di Donna Olimpia e, molto probabilmente, anche amante

Papa Innocenzo X, cognato di Donna Olimpia e, molto probabilmente, anche amante

Si parte da Aquileia (Udine), sede della più grande diocesi d’Europa e anche la città dove una mamma (che aveva perso un figlio durante la Grande Guerra) scelse il Milite Ignoto che adesso riposa nell’altare della Patria; poi Pienza (Siena), dove l’architetto Rossellino edificò uno splendido palazzo per papa Pio II Piccolomini, ma si dimenticò dei locali per le cucine, che poi furono aggiunte successivamente; quindi Acaya (nel Salento) caratterizzata da una fortezza eretta contro i Turchi, come avvenne anche a Palmanova (in Friuli) dove la fortezza però era contro gli Asburgo “anche se non si poteva dire”, chiosa Isman.

Si va in Romagna a Terra del Sole, dove ci sono le prime celle in cui si praticò la tortura psicologica; quindi Sabbioneta (Mantova) dove quelle personcina perbene di Vespasiano Gonzaga (che aveva fatto uccidere la moglie e un figlio) governava attraverso leggi civili avanzatissime per l’epoca; San Leucio di Caserta dove un Borbone fece trasformare il casino di caccia in una seteria tra le più famose al mondo.

Fabio Isman e Andrea Alessi, direttore del museo di Acquapendente

Fabio Isman e Andrea Alessi, direttore del museo di Acquapendente

Tocca alle città sorte intorno alle industrie: Crespi d’Adda (Bergamo) con villette uni o, al massimo, bifamiliari, e tanto di cimitero (“Perché non si poteva obbligare gli operai a prendere il treno per andare a trovare i familiari defunti” spiega Isman) e Rosignano Solvay (Livorno) dove i lavoratori potevano godere “di  un welfare invidiabile: avevano la malattia pagata, lavoravano al massimo 8 ore al giorno ed erano i più pagati della Toscana”. Infine, 4 città sorte dalle bonifiche in epoca fascista: Latina e Sabaudia nel Lazio, Fertilia e Arborea in Sardegna, accomunate dalle storie di Mussolini sempre presentissimo alla posa della prima pietra, ma ugualmente preoccupato del fatto che “la seconda non arriva mai”.

Ma insomma come deve essere la città ideale? Fabio Isman risponde tutto d’un fiato: “Devono essere pianificate e a misura d’uomo”. La ricerca per le prossime 15 tappe è già partita.

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