28032024Headline:

Capitale della cultura: niente bis per favore

Riflessioni e considerazioni di varia umanità sorseggiando il caffè della domenica

trentarighe disegnoLa cosa è grossa, ma ancora non si riesce a percepirne l’importanza. Non c’è da meravigliarsene perché fino a quando la faccenda non si concretizza si fa fatica a comprendere quali vantaggi reali potranno derivare dalla nascita del Distretto turistico dell’Etruria meridionale. Intanto, una fiscalità meno onerosa per le aziende (che non è affatto poco), quindi la possibilità per i sindaci di poter destinare finanziamenti specifici per iniziative nel territorio strettamente legate al tema fondante (gli Etruschi, declinati in ogni possibile maniera) che accomuna i tre lembi di terra di tre regioni diverse che aderiscono al progetto. Poi, ed è forse l’aspetto più pregnante, il fatto che in qualche modo i turisti che visiteranno anche uno solo dei comuni interessati dovranno essere invogliati, anzi spinti, anzi “costretti” a spostarsi in altre zone. Con inevitabili e comprensibili ricadute positive per tutti.

Parliamoci chiaro: Etruria Experience è una strada nuova e più che interessante. Che distribuisce vantaggi e occasioni di crescita a tutti, senza di fatto togliere qualcosa a qualcuno, se non quel pizzico di “egoismo campanilistico” dal quale tante municipalità  e tanti primi cittadini fanno fatica a liberarsi. Intanto, c’è un dato da mettere in evidenza: ai 17 soci fondatori che un anno e mezzo fa partirono con l’iniziativa senza nemmeno avere chiaro dove si sarebbe andati a parare, se ne sono aggiunti altri. Oggi l’albo soci conta 89 comuni, ai quali si aggiungono enti, associazioni di categoria, istituzioni e reti di imprese. C’è spazio per tutti comunque, a cominciare dalle amministrazioni comunali che in tutto sono 218 nell’intera area (120 in Toscana, 79 nel Lazio e 19 in Umbria) per una popolazione complessiva di circa 600mila residenti. A distretto nato, chiunque potrà aderire in qualunque momento. Dunque, vale la pena insistere perché la strada è giusta e, presumibilmente, porta molto lontano.

L’idea, però, ha un ulteriore risvolto che riguarda la candidatura a capitale italiana della cultura per il 2018. “Gara” alla quale Viterbo ha già partecipato con un discutibile progetto che puntava sul Rinascimento. Progetto interessante senza dubbio, ma evidentemente non abbastanza forte da meritare la promozione. Ora si vuole procedere con una proposta assai innovativa, la cosiddetta “capitale diffusa”. Cioè si candida l’Etruria meridionale. A prima vista un’ipotesi affascinante e degna di attenzione, tanto più che c’è un tema di grande impatto come gli Etruschi a tenere insieme la proposta. Vale la pena chiedersi se davvero sia il caso di insistere ancora con il professor Margottini come “tutor” del progetto. La bocciatura precedente deve far suonare più di qualche campanello d’allarme. Meglio andare oltre e cambiare cavallo. Non è il caso di far nomi, né tanto meno di sponsorizzare qualcuno o qualcuna: le scelte però dovranno essere di profilo elevato e, magari, anche rivolgendosi a personaggi ed esperti di fama nazionale e non solo. Stavolta non si può sbagliare, né in concorsi del genere può valere il motto olimpico “l’importante è partecipare”. No, stavolta si partecipa e si punta decisamente a vincere. Perché ci sono basi molto più solide e una proposta assai più coinvolgente, e non solo per il numero delle città e della popolazione coinvolta.

Buona domenica.

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