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All’asta lo Statuto di Bagnoregio del XV secolo

Il Centro di documentazione diocesano riesce a recuperare il prezioso manoscritto

Il Centro di documentazione diocesano di Viterbo

Il Centro di documentazione diocesano di Viterbo

Un antico documento al centro di una vicenda che sembra la trama di un film giallo. Fortunatamente c’è stato un lieto fine, grazie all’intervento immediato della Diocesi di Viterbo. Nei giorni scorsi è stato recuperato l’antico Statuto del XV secolo del Comune di Bagnoregio. Un’opera unica, che stava addirittura per finire all’asta. Il codice manoscritto è stato ritrovato, recuperato e presto ritornerà nella sua sede naturale, l’archivio dell’antica diocesi di Bagnoregio, ora depositato presso il Centro diocesano di documentazione per la storia e la cultura religiosa di Viterbo.

Nell’ultimo periodo il documento deve aver viaggiato a lungo, tanto che la sua storia è molto articolata. Per prima cosa è utile spiegare che “lo Statuto è un codice cartaceo di una novantina di carte, con scrittura di un bel gotico un po’ arrotondato, ornato al principio di ogni libro (ve ne sono cinque) con iniziali grandi fregiate a colori rosso e nero – spiegano dal Centro diocesano di documentazione per la storia di Viterbo – Le rubriche e la lettera iniziale dei capitoli sono scritte in rosso, come anche in rosso sono i numeri romani indicanti le parti del codice. Quello di cui stiamo parlando è una copia quattrocentesca dell’originale che è del 1373 (che non esiste più), con modifiche e aggiunte fatte da diverse mani per le successive revisioni compiute nel corso del XV e del XVI secolo”.

Lo Statuto è suddiviso in cinque parti (libri) che riguardano rispettivamente il “Regime”, le “Cause civili”, i “Malefici”, i “Danni dati” e gli “Straordinari”: sono poco più di 400 articoli sul funzionamento del Comune, i suoi amministratori, le cause civili e criminali, i danni prodotti alle colture agricole e infine tutto ciò che riguardava l’ordinato svolgimento della vita quotidiana. Un pezzo di storia che è giunto fino a noi.

Fino a qualche giorno fa nessuno sospettava che il codice manoscritto non si trovasse più nella sua sede, fino alla scoperta di una notizia sconcertante. Il manoscritto contenente lo Statuto è comparso improvvisamente nel catalogo della Casa d’aste Babuino di Roma, come lotto 340, in vendita il giorno 6 luglio 2016. Il prezioso documento era così descritto: “Manoscritto in caratteri gotici. Piena pergamena. Restaurato”. Non era indicato il prezzo base d’asta, ma senza dubbio sarebbe finito ben sopra i mille euro. Ma il banditore ha dovuto annunciare che il lotto 340 era stato ritirato dall’asta per provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Il professor Luciano Osbat, direttore del Cedido

Il professor Luciano Osbat, direttore del Cedido

Fortunatamente – è il caso di dire – su segnalazione di un direttore di biblioteca pubblica della provincia di Frosinone, la Diocesi di Viterbo si era attivata prima con la Soprintendenza archivistica, per far dichiarare lo Statuto “bene di rilevante interesse storico” (il che comportava che gli spostamenti del codice, anche la stessa vendita, dovevano essere preventivamente autorizzati), e poi con l’autorità giudiziaria, quando ci si è resi conto che il codice in vendita era proprio lo Statuto originale del XV secolo, già appartenuto alla Diocesi di Bagnoregio. Il direttore del Centro di documentazione viterbese Luciano Osbat ha provveduto a presentare denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Viterbo e, poi, a coinvolgere il Nucleo di tutela del patrimonio culturale del Comando dei carabinieri a Roma.

Come conseguenza dell’intervento immediato della Diocesi il codice è stato posto sotto sequestro e sono state avviate le indagini per capire quando, e ad opera di chi, questo documento era stato sottratto dall’Archivio diocesano di Bagnoregio (negli anni tra il 1980 e il 2014, quando l’Archivio è stato depositato presso il Centro diocesano di documentazione di Viterbo).

“Una volta di più – concludono dal Centro di documentazione – questo episodio richiama l’attenzione sulla necessità che archivi e biblioteche non siano lasciati in abbandono o chiusi perché, anche quando sono chiusi, gli amici degli amici hanno sempre la possibilità di entrarvi e di asportare, come è accaduto questa volta, un prezioso codice e di dimenticarsi di riportarlo indietro. Oggi per tutto il territorio della Diocesi di Viterbo il riferimento comune deve essere il Centro diocesano di documentazione che con la sua presenza di personale qualificato e la sua apertura quotidiana assicura ordinamento, tutela e valorizzazione del patrimonio documentario che si è venuto accumulando per secoli”.

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