23042024Headline:

Polo termale, i residenti contro la Regione

Nasce un Comitato per contestare la delibera della Pisana sul pozzo Laezza

Una veduta della zona Strada Valle Legaccia

Una veduta della zona Strada Valle Legaccia

Si chiama Comitato Valle Legaccia – Cassia Sud e si è costituito per per dire no ad una delibera della Regione Lazio che impone “forti limitazioni, vincoli e maggiori oneri economici ai proprietari degli immobili residenti nelle zone di rispetto (circa 35 abitazioni civili), ai proprietari dei terreni agricoli e ad alcune attività economiche nell’interesse di una società privata”. Ma di che si sta parlando? Di una vicenda legata alla nascita di un polo termale, ad opera della Free Time, in località Paliano – Centocelle: un progetto di cui si parla e che oggi, almeno in base all’ordine del giorno, dovrebbe approdare all’esame del consiglio comunale.

Dunque, il Comitato (il cui presidente è Roberto Papi) contesta la decisione assunta dalla Pisana in base alla quale viene istituita un’area di salvaguardia del pozzo Laezza. In sostanza, su richiesta della Free Time, la Regione ha detto sì, suscitando le rimostranze dei cittadini che in quella zona risiedono da tempo. “Innanzitutto – chiarisce Papi – va detto che non abbiamo nulla contro la Free Time e contro la nascita di un centro termale, anzi ci fa piacere il rilancio dell’intera area. Ciò che riteniamo un’ingiustizia è che il vincolo sul pozzo Laezza sancito dalla Regione ricada su di noi”. Va specificato che si tratta di una sorgente di acqua dolce, non termale che non viene utilizzata dalla Talete per l’approvvigionamento idrico. “La direttiva utilizzata – aggiunge Roberto Papi – è del 1999 ma ha ‘la finalità di salvaguardare le acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse’. Però non è questo il caso, poiché sia l’Ato che la Talete hanno certificato che il pozzo Laezza non è collegato all’acquedotto pubblico. La conseguenza di tutto questo è che si impone una normativa al servizio di una struttura privata non ancora realizzata e senza alcuna certezza che quell’acqua abbia le qualità chimiche e organolettiche per poter essere utilizzata dal futuro Centro termale”.

Al di là delle disquisizioni sulla corretta interpretazione delle leggi, resta da capire quali conseguenze pratiche ha tale decisione sulle famiglie residenti. “Per noi – sempre Papi – si tratta di dover sostenere ingenti spese perché, ad esempio, l’acqua piovana sui piazzali va raccolta e smaltita in modo differenziato. Inoltre, le acque bianche e scure depurate attraverso il sistema Imhoff (quello che si utilizza in tutte le case sparse d’Italia e che è  riconosciuto valido dalla legge) vanno raccolte in una vasca e poi conferite per lo smaltimento. In pratica, non possono essere più rilasciate nei terreni circostanti. Per adeguarsi a quanto stabilito dalla Regione dovremmo spendere somme consistenti”.

Una delle abitazioni nell'area di Valle Legaccia

Una delle abitazioni nell’area di Valle Legaccia

Il Comitato Valle Legaccia – Cassia Sud si è costituito il 24 luglio scorso e non intende starsene con le mani in mano. Intanto, alcuni soci hanno fatto richiesta di accesso agli atti presso la Regione: si stanno cercando tutti i documenti per poter poi avere gli elementi per eventuali azioni future. “Oggi – aggiunge ancora il presidente Papi – saremo presenti in consiglio comunale. Intanto abbiamo chiesto a tutti i consiglieri e al sindaco di sostenerci nella nostra rivendicazione nei confronti di chi, a nostro avviso con molta superficialità e senza approfondire bene l’argomento, ha stabilito le aree di salvaguardia del pozzo Laezza, peraltro senza alcun contraddittorio con i proprietari e senza una corretta e preventiva informazione degli interessati. Ci siamo ritrovati tra capo e collo a dover rispettare questa delibera che ci impone vincoli assai pesanti. Il Comune di Viterbo ha cominciato ad applicare le limitazioni previste dal provvedimento della Regione (che risale al 2011) solo da alcuni mesi e quindi tutti noi siamo venuti a conoscenza con forte ritardo dei limiti imposti da quell’atto che, ripeto, risale a 5 anni fa”.

“Chiediamo al Comune di Viterbo – si legge nella lettera inviata ai consiglieri comunali – di sospendere l’applicazione della delibera del 2011 a tutela dei residenti di Strada Valle Legaccia e della zona Cassia Sud, che risiedono da oltre 30 anni nell’area in questione”. “Non siamo cittadini di serie B – conclude Roberto Papi – e paghiamo le tasse come tutti. Chiediamo solo che vengano tutelati i nostri diritti”.

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