18042024Headline:

La vita di Max ricomincia da Viterbo

Russo, perseguitato perché gay, scappa dal suo Paese e ottiene qui lo status di rifugiato

Un manifesto contro l'omofobia

Un manifesto contro l’omofobia

La nuova vita di Max e la sua salvezza iniziano da Viterbo. L’unica colpa di un giovane di 35 anni? Essere gay in un paese omofobo come la Russia. Vittima di persecuzioni e violenze, malmenato fino a perdere l’utilizzo di un rene, dopo aver tentato il suicidio per tre volte, Max decide di fuggire dalla sua nazione e di iniziare una nuova vita in Italia ripartendo da Tarquinia. E finalmente a Viterbo riesce ad ottenere lo status di rifugiato.

“Mi dicevano che ero frocio, ma io non sapevo neppure che significasse – racconta il giovane sulle pagine dell’Internazionale –. Mi hanno aspettato fuori da scuola, avevano 17 o 18 anni, erano più grandi di me. Hanno cominciato a insultarmi, hanno detto che dovevo andarmene dal quartiere perché ero gay e poi mi hanno massacrato di botte e io a casa non ho potuto nemmeno spiegare perché mi avevano picchiato. Mia madre, nonostante siano passati anni, non conosce ancora la verità. Io non riesco ad essere sincero con lei: è una donna buona, ma omofoba. Come tutti in Russia”.

Max vive in Italia ormai da due anni e finalmente si sente libero di essere se stesso. Ha trovato anche un compagno, Giovanni, con il quale convive da circa un anno a Roma. È dovuto fuggire dal suo paese e allontanarsi dalla sua famiglia, dal momento che la Russia nel 2013 ha introdotto il reato di “propaganda omosessuale” che ha portato a molti arresti tra i gay e gli attivisti Lgbt (Movimento di liberazione omosessuale) e un conseguente incremento dell’omofobia.

“Al terzo tentativo di suicidio ho capito che tanto valeva vivere – racconta ancora all’Internazionale -. Grazie al servizio civile internazionale sono arrivato in Italia, a Tarquinia, e ho cominciato a frequentare la comunità Lgbt di Roma. Poi ho deciso di fare domanda di asilo per ottenere così la protezione internazionale. Quando sono andato a presentare la domanda alla questura di Viterbo è stata dura: la persona che ha accettato la domanda era un po’ rigida, sembrava imbarazzata per la mia richiesta”.omofobia-1

Tuttavia le risposte arrivano in tempi brevi. Passa infatti soltanto un mese e Max viene richiamato dalla questura di Viterbo per un incontro con la commissione territoriale (organo che ha il compito di valutare la sincerità delle domande di asilo, sia politiche, sia per motivi di persecuzione religiosa, culturale e omosessuale). “Mi ricordo benissimo quel momento – continua Max -. Era domenica, alle dieci di mattina, e ho ricevuto una telefonata in cui mi dicevano di andare a prendere questo foglietto per fare il colloquio. Ero felice, non ci potevo credere, ero preparato ad aspettare molti mesi prima di essere convocato e invece è stato più rapido del previsto”.

“Ora che sono felice penso spesso a come reagirebbe mia madre – conclude Max -. Penso che sarebbe inorridita se scoprisse la verità. Ma credo che prima o poi glielo dirò, anzi potrei farlo quando io e Giovanni decideremo di sposarci”.

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