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Nessun Paese come l’Italia: il rapporto empatico tra media tradizionali, internet e i minori

Bisogna fare attenzione: qui si parla di ‘media e minori’, una tematica già toccata e studiata in ampi spazi universitari, quasi sempre volti totalmente ad analizzare il rapporto tra i mezzi di comunicazione di massa e un target speciale: quello dei soggetti in fase di evoluzione. Un rapporto, ecco, decisamente complesso. Con il tempo è stato appurato che, nonostante i nuovi media in continua crescita, la tv resta una delle attività più importanti che occupa la vita di un bambino o di un adolescente: nel tempo libero, i ragazzi tra 14 e 18 anni guardano la tv per 5 ore e lo ritengono uno dei passatempi preferiti. Del resto, ricopre addirittura il 25% dei loro momenti di svago.

Sì, ma in che contesto? Secondo l’Istat, nella maggioranza dei casi ci sono momenti di visione solitaria, talvolta in alternanza con la visione condivisa con i familiari: in ogni caso, la visione solitaria è in netto vantaggio con il 46% di frequenza contro il 40% della condivisione. Per la dottoressa Morcellini, questo fenomeno di ‘tv-isolamento’ è una pratica di fruizione individuale, che asseconda i gusti differenti della famiglia. Che poi dipende quasi esclusivamente dagli orari, in quanto i minori dedicano tempo alla tv dalle 16 alle 19.

tetogo cameraman telecamera

Perché lo fanno? Secondo le ultime ricerche, le motivazioni sono molto variegate: comprendono il significato di quello che la tv rappresenta per i ragazzi, quei ‘bisogni’ che riesce comunque a coprire. Probabilmente, molto dipende anche dal grado di solitudine e di noia che percepiscono. Ma ciò non vale solo per la tv, anzi: è il riflesso di qualsiasi forma attrattiva di un possibile medium sul ragazzo.

Un altro ambito molto discusso riguarda la programmazione: c’è abbastanza ‘buona tv’ per i ragazzi? Umberto Eco parlava di problemi inerenti alla tv commerciale: con l’arrivo di quest’ultima, insieme alla tv generalista, non esiste ormai un effetto congiunto di trasformazioni dal punto di vista dell’offerta e della domanda. È che la fruizione non si è modificata, ma si è invece ampliato il mondo che propone sempre più programmi per bambini. Cos’ha provocato? Un’infantilizzazione dei programmi cosiddetti ‘di mezzo’, che portano sia i generi classici che gli spettacoli d’intrattenimento a moderare i toni. Allo stesso tempo, c’è un’adultizzazione dell’infanzia.

A questo proposito, GamingReport ha pubblicato un articolo sul progetto presentato alla Camera il Libro ‘Bianco Media e Minori 2.0’. Si tratta di una collaborazione del CENSIS che approfondisce scientificamente le misure di garanzia che si adattano al contesto comunicativo digitale: dove più media si muovono, dove la tv ha comunque un ruolo chiave.

Insomma, si parla di letteratura scientifica nazionale e internazionale, con uno scopo preciso: vedere con lente d’ingrandimento il consumo dei media da parte dei minori e riportarne le valutazioni dei diretti interessati, ossia dei genitori. Sull’occhio vigile della commissione è finita l’offerta televisiva della Rai, sia dei canali di punta che dei contenuti satellitari o terrestri, con una particolare attenzione per il gioco d’azzardo online. Da qui, la storia cambia: pare siano emerse nuove tecnologie che ampliano l’accesso dei minori al gioco.

Com’è possibile? All’interno del libro è tutto spiegato: oggi è spaventosamente facile raggiungere casinò online o altre forme di gioco digitale, dunque scommettere somme di denaro importanti ed esose. Vincere aiuta ad alimentarne il mito: i più vulnerabili non possono non essere i sognatori per eccellenza, quindi i più giovani. Stando ad alcuni dati rilevati sul territorio nazionale, addirittura il 23.3% dei bambini aveva giocato soldi online, il 39% degli adolescenti si divertiva con l’azzardo generico (specialmente scommesse sportive). Dopo una regolamentazione del 2015, il tasso di crescita è stato ugualmente importante: più 13% rispetto all’anno precedente. Nessun Paese come l’Italia.

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