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Il murale di Don Chisciotte a S. Angelo

Un modo per celebrare la nascita di Miguel Cervantes

Don Chisciotte, Il Cavaliere dalla Triste Figura, figura immortale dell’omonimo romanzo dello spagnolo Miguel Cervantes, è la nuova opera (la settima) apparsa sulle pareti di S. Angelo di Roccalvecce.

La grande pittura rientra nel progetto “S. Angelo il Paese delle Fiabe”, ideato e guidato dall’Associazione Culturale ACAS; essa rappresenta un’ulteriore e importante tappa di un itinerario di lavoro che, nei prossimi anni, porterà il borgo a popolarsi di decine di opere, murali e installazioni, dedicate alle fiabe e alle leggende.

Il Don Chisciotte, realizzato dall’artista Tina Loiodice, curatrice della Galleria Spazio 40 a Roma, è stato reso possibile da una bella sinergia: con l’Ecomuseo della Tuscia, di cui è presidente Massimo Calanca, e col proprietario del Castello di Roccalvecce, Giovangiorgio Costaguti. In accordo con l’etica sorgiva dell’associazione che si autofinanzia con eventi aperti a tutti o tramite le generose donazioni di privati.

L’opera riafferma, e con forza, vista la raffinata qualità dell’esecuzione, due importanti concetti alla base del progetto; oltre a possedere una particolarità curiosa quanto rilevante.

La particolarità è presto detta: il murale, iniziato il 21 settembre, è stato portato a termine il 29, giorno del compleanno di Miguel Cervantes, nato ad Alcalá de Henares, nei pressi di Madrid, proprio il 29 settembre 1547.

Questo, perciò, è l’omaggio di un piccolo paese dell’antica Tuscia a uno dei maggiori letterati europei.

E veniamo ai concetti. Il primo: vediamo come il paese reale, S. Angelo, con le sue stradine, le dimore in tufo, le architetture comunali e private, si stia fondendo con un altro S. Angelo, che è quello immaginario, artistico, fantastico: il Paese delle Fiabe, appunto. Se il murale viene osservato attentamente si nota, a esempio, come il palo dell’illuminazione pubblica sia divenuto, in maniera perfettamente nature, la lancia di Don Chisciotte e di come, la notte, lo stesso lampione smetta di essere un semplice lampione per trasformarsi in un faretto di luce da museo che evidenzia l’opera stessa: il reale, insomma, muta nel fantastico. E viceversa.

Il secondo concetto è questo: il cavaliere spagnolo che “decise d’andar per il mondo con le sue armi e il suo cavallo a cercare avventure … e imprese … combattendo ogni sorta di sopruso”, e scambiò mulini per giganti, ma lo fece sempre con l’animo pieno di nobiltà e senso della giustizia, è metafora di un’altra avventura: la nostra. Cercare di rianimare un territorio antico, incorrotto, bello, come S. Angelo e la Tuscia assume, infatti, i toni dell’impresa donchisciottesca tanto che la nobile figura dell’hidalgo della Mancha può ben divenire incarnazione artistica delle nostre speranze e aspirazioni.

Non sappiamo come proseguirà il viaggio, ma lo spirito e l’entusiasmo ci guideranno sino alla fine.

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