20042024Headline:

Fase 2: contenti parrucchieri ed estetisti, meno i ristoratori

Peparello: ''week end con tanti escursionisti''

Fase 2 al rallentatore. Il 72% delle imprese è già ripartito, ma ad oggi solo il 29% degli italiani è tornato a servirsi delle attività che hanno riaperto per acquistare prodotti o servizi. È quanto emerge da un sondaggio condotto da SWG con Confesercenti su consumatori ed imprese.

A pesare sui consumi è l’onda lunga dell’emergenza. Tra chi ha rinunciato agli acquisti, infatti, il 54% dichiara di non aver comprato perché non ne aveva bisogno. Si continua, dunque, ad attenersi ai consigli di limitare gli spostamenti non strettamente necessari. Il 24%, invece, non è tornato in negozi e bar per timore di esporsi a rischi. Ma c’è anche un 14% che preferisce risparmiare: i primi segnali delle tensioni sul lavoro, dipendente e indipendente, seguite all’emergenza sanitaria. L’ombra del Covid si proietta anche sulle abitudini: l’88% ritiene che, terminata l’emergenza, continuerà ad evitare assembramenti, mentre il 68% ha riscoperto grazie alla mobilità ‘ristretta’ le attività del proprio quartiere, e segnala l’intenzione di servirsene di più. Più di quanti (il 54%) hanno invece intenzione di rivolgersi maggiormente, in futuro, all’online. L’ancora ridotto movimento dei clienti, però, ha inciso pesantemente sui ricavi della maggior parte delle attività in questi primi giorni di ripartenza. Complessivamente, il 68% di chi ha riaperto ammette di aver lavorato fino ad ora in perdita, di questi quasi la metà (37%) segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità. Il 17% ritiene invece di aver mantenuto livelli di ricavi più o meno uguali al periodo ante-lockdown, mentre solo un 13% vede una crescita dei ricavi. A soffrire di più sono stati ristoranti, trattorie e pizzerie: il 92% degli imprenditori della somministrazione ritiene insoddisfacenti o molto insoddisfacenti i risultati dei primi giorni d’apertura. Seguono i bar (83%). Centri estetici e parrucchieri, invece, vivono un primo rimbalzo, con una percentuale di soddisfatti e molto soddisfatti rispettivamente del 81 e del 62%.

“Come previsto all’inizio della scorsa settimana e confermato dal sondaggio SWG con Confesercenti – afferma Vincenzo Peparello, presidente della Confesercenti di Viterbo e mombro della presidenza nazionale – dopo un primo impatto non eccessivamente positivo la situazione è migliorata durante il week end; alla riapertura del 18 maggio alcune zone della Tuscia non erano ancora pronte. Viterbo ha risposto bene fin da subito e in città le cose sono andate un po’ meglio: bar e ristoranti hanno avuto un buon riscontro di clientela, meno il commercio al dettaglio. Durante il week end di gente se ne vista tanta, soprattuttoromani, per via della mobilità consentita solo nel territorio regionale. Le strutture ricettive sono rimaste ancora chiuse, ma da parte della gente si è notata una gran voglia di uscire. A livelli di consumi bisogna dire che i riscontri sono stati molto pochi. Da una indagine tra i nostri operatori è risultato che gli incassi sono stati minimi. Comunque la voglia di ripartire è tanta. Sotto l’aspetto del turismo il litarale e i laghi di Bolsena e di Vico sono stati penalizzati. Buone presenze – dice Peparello – ma non con stanzialità, a parte coloro che hanno seconde case e le hanno potuto raggiungere. Questo lascia intendere che per raggiungere la normalità passerà ancora parecchio tempo. Gli operatori, in ogni caso, appaiono i più ligi nell’osservare le norme imposte per evitare contagi del Conad 19. E’ necessario che tutti rispettino le regole. Adesso si punta al ponte dellas prossima settimana, il ponte 2 giugno – conclude Peparello – e sarà l’esordio delle strutture alberghiere, extralberghiere, campeggi, villaggi ed aree attrezzate per il turismo all’aperto. Sarà un primo test, dopo che, per via del lockdown molte prenotazioni erano state cancellate. Dal 3 giugno sarà possibile muoversi oltre la propria regione e gli operatori del turismo contano su una ripresa. Speriamo sia così”.

Intanto su tutti, pesa l’aumento delle spese: in media, sanificazione e dispositivi di protezione sono costati 615 euro ad impresa. E gli aiuti faticano ad arrivare: secondo un approfondimento di Confesercenti sui propri associati, tra le imprese che hanno fatto richiesta per le forme di credito agevolato messe a disposizione dal Decreto Liquidità, il 51% riferisce di aver ricevuto risposta negativa. Nonostante le difficoltà, però, le imprese non abbandonano il campo: solo il 2% progetta di tornare a chiudere in tempi brevi, mentre l’81% continuerà a mantenere aperta l’attività come oggi. Ma c’è un 17% che così non riesce a sostenere i costi, e ridurrà gli orari e/o i giorni di apertura. Anche se le imprese non si tirano indietro, c’è bisogno di considerare le difficoltà di questa fase e prevedere sostegni per chi riparte. L’aumento dei costi di gestione legato alle procedure di sicurezza è anticipato dalle imprese, che dopo quasi tre mesi di fermo hanno bisogno di liquidità. Purtroppo, come ha riconosciuto lo stesso governo, i finanziamenti continuano ad arrivare ad un ritmo troppo lento. È necessario dar loro un nuovo impulso: le attività non possono resistere a lungo in questa situazione.

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