La politica in questi giorni occupa il centro della scena mediatica, e allora ho cercato tra le righe degli organi di informazione, locali e non, di farmi un’idea di cosa pensi la politica dei più fragili. Di quelle persone che vivono una condizione di svantaggio fisico, sociale, psichico, ma anche tossicodipendenti, carcerati, malati, o soltanto giovani o stranieri. Ho trovato poco, e quel poco molto ideologico, banale, sentito. Eppure parlando ogni giorno con chi si impegna nel volontariato e nel terzo settore si trova un grande fermento di idee e di sogni. Senza nascondere le fatiche ma con la genuinità e l’entusiasmo di chi guarda il mondo con gli occhi delle persone a cui si dedica. Quindi i sogni veri non sono figli del bisogno di convincere gli elettori ma della capacità di traguardare le fatiche usando il cuore.
Capita invece, soprattutto in tempo di elezioni, di veder fiorire buoni propositi. Ma in questi tempi le promesse (tanto care alla vecchia politica della prima repubblica) stanno lasciando il posto a forme di populismo becero e insopportabile. Sicuramente pericoloso. Il sogno è sempre un motore dell’ottimismo, della capacita di dare fiducia anche verso chi è più fragile e meno in grado di conquistarsela. Il contrario del sogno è la sfiga diffusa.
Fino a qualche settimana fa politici, tecnici e opinionisti di tutte le tendenze spiegavano che ci dovevamo abituare all’idea che i nostri figli sarebbero stati peggio di noi. In questi giorni invece si sfornano ricette svelte svelte che possono soddisfare tutte le nostre necessità risolvere tutti i nostri problemi. In che modo? Abbassiamo i costi della politica (dicono tutti), riduciamo la spesa pubblica (tutti), togliamo l’Imu (quasi tutti), abbassiamo le tasse (tutti). Ma allora perché non l’hanno fatto finora? E poi ancora: ritorniamo alla lira, ritorniamo all’inflazione guidata, usciamo dall’Europa (per andare dove? In Oceania?). Come vengono confezionati queste bufale di sogni? Attraverso gli ineffabili sondaggi. Diciamo che è come se un padre di famiglia, per prendere le decisioni importanti di casa chiedesse ai suoi se vogliono lavorare o meno, se vogliono studiare o meno… Se vogliono pagare le tasse o meno
Certamente la maggior parte dei “sogni precotti” che ci vengono somministrati sono figli di “bisogni egoistici” di una classe dirigente cotta. Una vecchia canzone di Jannacci si intitolava “prendeva il treno per non essere da meno” e allora anche nella nostra Tuscia è partita una strapaesana “fiera delle vanità”. Chi sta a contatto con le fragilità, con i bisogni semplici e giusti delle persone ma anche chi ha a cuore i giovani sa bene che i sogni sono una cosa seria che non compiace la vanità ma la maniera nella quale il cuore insegna alla ragione. Scrive un saggio: “il sogno, la poesia, l’ottimismo aiutano la realtà più di ogni altro mezzo a disposizione”. Agostino non lo avrebbe scritto se avesse letto i sondaggi.