Il fondo cassa i genitori oramai lo considerano un obbligo. Serve per comprare la carta igienica, i gessetti, le spugnette per le lavagne. Materie prime che però le scuole non possono più fornire, visti i continui tagli di cui sono state vittime negli ultimi anni. Addirittura, è notizia recente, il Comune di Viterbo ha dismesso il servizio di scuolabus per le gite e ora sono le famiglie a mettere un contributo che, sommato a quello dei privati, consente di fare qualche attività extrascolastica. Insomma, quello dei soldi che non ci sono è un refrain che si ripete di aula in aula.
Eppure, poi le istituzioni fanno scelte che di logico hanno ben poco. Come quella di finanziare le scuola private con soldi pubblici. Succede anche a Viterbo, come denuncia Valeria Bruccola, esponente di Rivoluzione civile, candidata alle elezioni politiche e regionali a Roma e Viterbo. Quasi 150mila euro per l’Istituto Rousseau destinati dalla Regione Lazio agli istituti tecnici professionali. “Nel 2012, grazie all’intesa Stato-Regioni che affida proprio a queste ultime il compito di promuovere e gestire la formazione professionale, sono stati stanziati i fondi per la realizzazione dei corsi”, dice Bruccola. Somma complessiva stanziata, poco più di un milione di euro- Per la precisione: 1.031.301 euro. Sette le scuola individuate sul territorio regionale, destinatarie dello stanziamento. Tutte scuole statali, compreso il Canonica di Vetralla, tranne a Viterbo, dove i 147.328 euro andranno all’istituto paritario Rousseau. “Fondi pubblici ad una scuola privata”, critica l’esponente del partito di Ingroia.
Motivo? “Sul decreto firmato dal direttore generale della Regione Maria Maddalena Novelli una spiegazione non c’è. Tutto regolare e a norma di legge, sia ben chiaro – dichiara Valeria Bruccola, candidata di Rivoluzione Civile alle elezioni politiche e regionali a Roma e Viterbo, da tempo impegnata in difesa della scuola pubblica e dei docenti precari – ma in un periodo in cui la scuola pubblica soffre attacchi ingiustificati, tagli indiscriminati, deficit contabili, assenza delle risorse necessarie per il non avremmo voluto assistere all’ennesimo dirottamento di soldi pubblici verso il privato, sebbene paritario”.
L’Istituto Rousseau di Viterbo finì nell’inchiesta giornalistica di Repubblica condotta nel 2010 sui cosiddetti diplomifici. Il quotidiano fondato da Scalfari stilò una mini-classifica degli istituti privati partendo da quelli che, per presenza di studenti “esterni”, superavano di oltre dieci punti la media nazionale. In cima alla classifica, proprio il Rousseau di Viterbo che tre anni fa vantava addirittura “il 44 per cento di privatisti (89 esterni contro 112 interni), poi – si leggeva su Repubblica – “Il Nazareno” di Pescara (47 candidati esterni, pari al 24 per cento), quindi l’Icos di Lecce (32 per cento di privatisti), il “Pascoli” di Palmi (in provincia di Reggio Calabria, col 31 per cento) il “Quasimodo” di Siracusa (27 per cento di esterni).
Chi non ha niente di meglio da dire, riprende questa stucchevole solfa delle scuole “private” senza sapere quello che dice. Io so quello che dico, perché ho diretto per anni scuole statali, e non ho mai considerato come un nemico le scuole non statali, Intanto, signora Bruccola, si informi: Non esistono gli istituti tecnici professionali. O sono tecnici, o sono professionali, lei è approssimativa e non sa di che cosa parla. Le scuole “private” dichiarate “Paritarie” svolgono un servizio pubblico, con tutti gli oneri e gli obblighi del servizio pubblico, con soldi privati. Gli alunni delle scuole paritarie, che fino a prova contraria sono cittadini e figli di cittadini come tutti gli altri, sollevano lo Stato dall’onere finanziario di allestire anche per loro, i quali ne avrebbero tutto il diritto, scuole statali: alcune centinaia di migliaia di figli, per i quali lo Stato dovrebbe spendere centinaia di milioni in più, e per i quali invece spende una minima frazione, perché la differenza ce la mettono le famiglie, di tasca loro, pagando due volte, sia la fiscalità generale che finanzia le scuole statali, sia le rette necessarie per frequentare le scuole non statali, ma paritarie.
E poi lo Stato ha la sfacciataggine di mettere le spese per l’istruzione dei figli, nel redditometro, come un indicatore di lussi e ricchezze !
Quello stesso Stato che finanzia banche e politici e aziende fasulle e altri milioni di parassiti sui quali non ci dilunghiamo, e che è incapace di capire quali soldi sono spesi bene (per la famiglia, per l’istruzione, per il lavoro), e quali sono spesi male (pel la degradazione, per l’ignoranza, per i parassiti).