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Tuscia film fest, scatta l’operazione Berlino

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La locandina in tedesco

Il posto è clamoroso, tanto per cominciare. Il cinema Babylon, in Rosa-Luxembourg platz, nel cuore rosso di Berlino. Qui, il Tuscia film fest inaugurerà la sua prima edizione berlinese: tre giorni, da venerdì a domenica, di cinema e non solo cinema, declinato prima all’italiana e poi, se vogliamo fare anche un po’ i camapanilistici, alla viterbese. E cioé secondo la formula e la filosofia di questa manifetazione che dopo dieci anni di crescita progressiva e costante in crescita in città, ha deciso di allargarsi anche in Germania, in una capitale dell’Europa ma anche della settima arte (vedi alla voce “Berlinale”).
Ma si diceva del posto. Il cinema Babylon è un pezzo di storia, in una piazza che la storia l’ha vissuta da protagonista, dagli anni Venti con le proteste e gli scontri tra comunisti e nazionasocialisti, alla guerra e ai bombardamenti che la distrussero, alla divisione della città in zone d’influenza, al regime della Ddr, il Muro e la sua caduta. Rosa Luxemburg platz era nella parte est, e qui tra l’altro, di fronte al cinema, c’è novant’anni la sede della Linke, il partito di sinistra tedesco. E qui, venerdì, si terrà l’apertura del Tuscia film fest, con il TusciaAperitivo, perché in Germania hanno la bizzarra tradizione di fare l’aperitivo al cinema: dalle 18.30, degustazione di prodotti tipici del Viterbese, e relativi vini. Poi, alle 19.30, si spengono le luci e s’accende la magìa de I Vitelloni, il capolavoro di Fellini restaurato per i sessant’anni dalla sua uscita, e che – guarda caso – è stato girato anche nella Tuscia, a Monterosi. Biglietto e aperitivo, insieme, costano 8 euro, un prezzo molto più che onesto. E per chi vuole la serata proseguirà all’Untertitel, un locale della proverbiale vita notturna berlinese, con un evento a tema (è gradito l’abbbigliamento “cinematografico”, con dettagli o richiami che rimandano a film, attori o personaggi).
Ecco. La bravura di quelli del Tuscia film fest, a partire dal direttore Mauro Morucci, è quella di far incastrare le cose in modo quasi naturale. Dietro, naturalmente, c’è un lavoro duro e ragionato: già dalla scorsa settimana si sta trasferendo il materiale a Berlino, mentre la progettazione è stata accurata in mesi e mesi di sopralluoghi, valutazioni, accordi. Mica facile, certo, ma necessario se si vuole essere competitivi, a Viterbo come altrove: e infatti la trasferta tedesca servrà anche a favorire incontri tra aziende di qui e potenziali investitori e clienti teutonici.
Sabato 31, poi, giornata piena. Appuntamento alle 11, al caffé Nice Place, dove il produttore Marco Greco, venticinque anni di esperienza e titoli come La versione di Barney e 007 Quantum of Solace, terrà una lezione in italiano e tedesco su come si produce un film e su come funziona un set. La sera, poi, si torna al Babylon: solito apertitivo, poi la proiezione di Alì ha gli occhi azzurri, film del 2012, premiato anche al festival di Roma. Ci sarà il regista Fabio Giovannesi. Il giorno successivo, domenica, stesso programma con un altro film (“Viva la libertà”, con Toni Servillo) e altro ospite, lo sceneggiatore Angelo Pasquini.
Tutti i film hanno anche i sottotitolio in tedesco, e non è solo una questione di cortesia: l’intenzione degli organizzatori non è quella di fare la solita cosa per gli italiani emigrati (che pure a Berlino sono tanti), una rimpatriata per chi ha nostalgia di casa. Né tantomeno vuole rilucidare lo stereotipo dell’Italia pizza e mandolino, della “terra dove crescono i limoni”, come la chiamavano i crucchi. No, semmai il Tuscia film fest prova a portare oltre confine una proposta culturale seria, di mercato, e la relativa organizzazione già rodata in dieci anni di edizioni viterbesi. Funzionerà? I tedeschi capiranno? Intanto, i giornali berlinesi, sul web e non solo, ne parlano con interesse e curiosità, poi si vedranno le presenze. Per il ritorno d’immagine, invece, ci vorrà un po’ di tempo in più. Ma l’impressione è che ci sarà, eccome. Viterbo quartiere culturale della capitale della Germania? Visionario, ma neanche troppo.

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20   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Quando si parla di cultura, l’ottuso Barelli mette mano al vocabolario.

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