Graziella Lombi, sindaco di Oriolo Romano, rispolvera un passo di Epicureo nella “Lettera a Meneceo” in sede di presentazione del volume “Gestione e uso della acque a Oriolo Romano tra XVI e XXI secolo” a cura di Roberta Ferrini e Simona Raccuia (Davide Ghaleb editore, collana “Quaderni di Oriolo Romano, pp. 88, 15 euro), denso e accurato studio dedicato alla rete idrologica che punteggia il territori della cittadina di confine tra la provincia di Viterbo e quella di Roma.
Una rete più che ricca, tal che “il borgo – si inorgoglisce ancora il sindaco – giunto ormai ai suoi 450 anni dalla fondazione, testimonia con i suoi numerosi, fontanili, fontane, fontanelle, fossi, corsi d’acqua e il fiume Mignone, come per la vita di una semplice, ma accogliente comunità contadina fosse importante questa risorsa. Il fondatore, Giorgio III Santacroce fa costruire, poco lontano dal centro abitato, numerosi fontanili, perché il bestiame si potesse abbeverare senza difficoltà; fa edificare, vicino al fiume che attraversava il suo feudo, un mulino per la macinazione dei cereali; fa erigere vasche per la raccolta delle acque meteoriche e soprattutto consente ai primi abitanti di vivere in un luogo ameno e dotato di quelle strutture indispensabili per le più variegate esigenze giornaliere”.
Le due curatrici – con la collaborazione di Serena Bernabei, Aurora Natali, Luisa Caporossi, Dario Calvaresi, Doriano Calvaresi – hanno così catalogato, con l’ausilio delle fonti archivistiche (dal fondi Santacroce a quelli della Delegazione apostolica di Viterbo, dai libri dei Consigli dei secoli XVII-XIX al registro delle deliberazioni comunali dei primi lustri del XX secolo), le singole evidenze che danno sostanza al complesso sistema: la Mola del Biscione, la Fontana Vecchia, la Fontanella di Serrale, la Fontana delle Picche, l’acquedotto del Gigante, l’acquedotto di Settevene, fino all’inventario completo dei fontanili.
Obiettivo del volume? “La nascita di una comunità è legata alla presenza dell’acqua, un elemento di primaria importanza per la vita dell’uomo. A allora vogliano consegnare al lettore – spiega nella nota introduttiva Simona Racchia – la storia di alcuni manufatti simbolo per la comunità locale e fornire un quadro generale sulla distribuzione dell’acqua nel territorio urbano e rurale”.